Dipende dal periodo di comporto

Con la sentenza n. 11174 del 27 aprile 2023, la Cassazione ha ribadito che in caso di assenze ripetute per malattia il datore di lavoro non può legittimamente licenziare per giustificato motivo il lavoratore prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva. In questa ipotesi il licenziamento è irreparabilmente nullo ai sensi dell’articolo 2110, comma 2, Codice civile. Un dipendente di una Compagnia telefonica è stato licenziato per la non proficuità della prestazione lavorativa in considerazione del rilevante numero di assenze realizzate in sei anni per complessive 808 giornate lavorative. A seguito di impugnazione del provvedimento la Corte d’Appello di Milano ha dichiarato nullo il licenziamento perché ha accertato che non era stato superato il periodo di comporto, limite oltre il quale il danno per l’azienda si presume come apprezzabile, ed ha quindi ritenuto che le assenze per malattia non potessero essere rilevanti ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro. La Società ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo tra l’altro che seguendo l’impostazione seguita dalla Corte sarebbero rilevanti solo le assenze che superano il periodo di comporto e quindi non sarebbe possibile procedere al licenziamento prima, anche laddove risulti dimostrato che la prestazione resa non sia compatibile con la specificità dell’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il suo regolare svolgimento. Inoltre, la Compagnia insiste nel ribadire che una cosa è il licenziamento per superamento del periodo di comporto altra cosa è invece quello intimato a causa di ragioni oggettive integrate dal modo e dalla durata delle assenze che finiscano per incidere sulla prestazione del lavoratore rendendola inutilizzabile a prescindere dal superamento del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro in relazione alla malattia. Ciò che rileva è la circostanza della non proficuità della prestazione anche nel periodo in cui è stata resa. La Cassazione ha respinto il ricorso. La regola consiste nell’impedire al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell’assenza (c.d. comporto) predeterminato dalla legge, dalle parti o in via equitativa dal giudice. Il licenziamento intimato prima del superamento del periodo di comporto è nullo per violazione della norma imperativa di cui all’articolo 2110 c.c. L’unica condizione di legittimità del recesso è il superamento del periodo di comporto, espressione del contemperamento degli interessi confliggenti del datore di lavoro e del lavoratore.