di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Affrontare la complessità del problema della violenza contro le donne richiede un approccio multiforme, che includa interventi preventivi, misure repressive, miglioramenti nel sistema di welfare e nel mondo del lavoro. Tutti elementi fondamentali, che non vanno interpretati come antitetici e sui quali dividerci in base all’appartenenza politico-culturale, ma che invece vanno considerati come tessere di un unico puzzle. La società italiana, infatti, è compatta nel deprecare la violenza contro le donne, senza eccezioni, in modo netto e convinto, esclusi, ovviamente gli stessi violenti, che purtroppo si annidano in ogni gruppo sociale. Non dobbiamo dividerci e trasformare anche questa sacrosanta battaglia in una questione su cui fare un tifo da stadio, anche feroce, come è accaduto con l’attacco alla sede di “Pro Vita e Famiglia” nel corso della manifestazione di sabato. Legittime le richieste di impegnarsi nell’ambito della prevenzione nella scuola e se così si riuscirà a salvare qualche vita ed a far cambiare modo di agire a qualche violento sarà stato un enorme successo. Altrettanto doveroso procedere sul fronte della sicurezza nelle nostre città e della certezza ed anche dell’inasprimento delle pene, come giustamente chiede oggi Gianluigi Paragone sulle pagine del Tempo. Perché, al di là dell’auspicabile effetto deterrente, una simile scelta testimonia anche l’indirizzo valoriale dello Stato, che deve condannare in modo adeguato questi reati odiosi. Prevenzione e repressione, in sintesi, non sono fattori in contrasto fra loro, non vanno etichettati come “di sinistra” la prima e “di destra” la seconda, nel solito gioco di strumentalizzazione degli eventi, ma, se veramente si hanno a cuore le sorti delle donne e della società in generale, entrambe sono necessarie per ottenere risultati apprezzabili. Così come, in questa strategia articolata volta a contrastare quel gender gap fra uomini e donne di cui il femminicidio è la punta dell’iceberg, non si possono dimenticare aspetti essenziali come il welfare e il mondo del lavoro. Come ricorda oggi su La Repubblica Linda Laura Sabbadini, in Italia oggi una donna su due non lavora e questo è un problema che non riguarda solo l’inclusione sociale e le prospettive economiche delle donne, né solo lo sviluppo e la crescita del Paese, ma è anche strettamente connesso al tema della violenza di genere. Perché una donna che non sia economicamente indipendente è maggiormente soggetta alle violenze, specie in ambito familiare. Un aspetto non irrilevante del problema, anche se, certamente, non tutte le aggressioni si consumano all’interno delle mura domestiche e resta anche il problema della sicurezza delle città. E, continua la Sabbadini in un’analisi sottoscrivibile, l’esclusione delle donne dal mondo del lavoro o la loro sotto-occupazione deriva dalle carenze del welfare, dato che i compiti di cura attualmente ricadono principalmente sulla componente femminile della società. Un tema complesso e sfaccettato, quindi, sul quale impegnarsi, per una volta, tutti uniti e tutti insieme.