Femminicidio, dopo Giulia nulla più come prima. Mercoledì una nuova legge, ma «la soluzione transita da una forma di rieducazione»

Il caso di Giulia Cecchettin, 22 anni, uccisa, l’ipotesi più accreditata, dal suo fidanzato, anch’egli 22enne, Filippo Turetta, arrestato dopo una fuga che lo ha portato fino in Germania e accusato di omicidio volontario, ha scosso il Paese. Quello di Giulia è l’ennesimo caso dall’inizio di quest’anno di femminicidio, ma non uguale a tutti gli altri. Un femminicidio è un omicidio conseguenza di violenze (fisiche e psicologiche) che derivano da una dinamica di potere e controllo alimentata da stereotipi e aspettative di genere, esercitate sulle donne da uomini a loro vicini o che pensano di esserlo. Non è, dunque, un problema di ordine pubblico, ma, una piaga sociale. Secondo i dati del ministero dell’Interno, dall’inizio dell’anno al 13 novembre in Italia sono state uccise 102 donne, 82 delle quali in ambito familiare e affettivo. 53 sono state uccise dal partner o dall’ex partner. A commuovere e a scuotere nel caso di Giulia Cecchettin, è la giovane età dei due protagonisti. Mercoledì potrebbe essere varata una nuova legge, ma il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in un’intervista odierna al “Corriere della Sera”, ha già spiegato che «la soluzione transita da una forma di rieducazione su questo tema», cioè occorre formazione. «Come nella mafia esistono i reati spia, così nei femminicidi ci sono gli atteggiamenti spia: sintomi di un possibile aggravamento di violenza. Prepariamo un opuscolo, con una grafica molto comprensibile, da diffondere in scuole, social, posti di lavoro». Anche perché «l’addensamento di questi reati mi fa pensare anche a una sorta di emulazione». La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, in un’intervista al quotidiano “La Stampa”, si è detta favorevole ad una legge condivisa per portare l’educazione all’affettività nelle scuole «ma bisognerà aprire un dibattito sui contenuti».