Il Paese resta poco attrattivo per giovani e donne e sono sempre di più quelli che se ne vanno all’estero
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

I giovani e le donne, ovvero le fasce sociali maggiormente in difficoltà in Italia nell’accedere a buone posizioni di lavoro e quindi in prospettiva ad avere un tenore di vita soddisfacente, spesso, per costruirsi un futuro migliore, decidono di andarsene. Nel 2022 sono stati 82mila gli italiani che si sono trasferiti all’estero e di questi il 44% aveva un’età compresa fra i 18 e i 34 anni, il 2% in più di giovani rispetto all’anno precedente, nonostante il numero totale degli espatriati sia lievemente diminuito. Nel complesso si contano ormai 6 milioni circa di cittadini italiani residenti fuori dai confini nazionali, dei quali molti under-35. Questi i dati forniti dal «Rapporto Italiani nel mondo 2023» della Fondazione Migrantes, che confermano una tendenza tanto preoccupante quanto difficile da invertire: in un contesto economico-sociale sfavorevole per le nuove generazioni, sono tanti i giovani, spesso talentuosi, che preferiscono partire, contribuendo così ad incrementare ulteriormente la percentuale crescente di anziani in rapporto al totale della popolazione residente in Italia. E sono tante anche le donne che partono, giovani o meno giovani, non più per ricongiungersi ai coniugi già espatriati, come avveniva nel passato, ma per decisione autonoma. Altro fenomeno interessante, poi, quello dei più anziani che partono per seguire i figli o i nipoti ormai stabilitisi all’estero. La meta preferita resta l’Europa, verso la quale si è diretto il 75,3% di coloro che sono andati a vivere oltreconfine nel 2022. Segno evidente, se ci fosse bisogno di ulteriori prove, che il motivo che spinge tanti a partire non è la ricerca di mete esotiche ed avventurose, ma, più concretamente, la necessità di contesti vitali dal punto di vista economico, ben organizzati e moderni quanto ad infrastrutture e servizi e nei quali l’ascensore sociale sia ancora funzionante. Cosa che dovrebbe farci comprendere di cosa avrebbe bisogno con urgenza il nostro Paese: condizioni simili, ovvero un’economia proiettata verso lo sviluppo e la crescita, una modernizzazione delle infrastrutture materiali ed immateriali ed un mercato del lavoro più dinamico ed aperto, e non, invece, diviso fra alcuni tutelati, molti dei quali in là con gli anni, ed altri, spesso giovani, intrappolati nel precariato e nella sotto occupazione. Perché andare all’estero per i nostri ragazzi dovrebbe essere frutto di una scelta libera per fare nuove esperienze e non una strada obbligata per non dover vivere in un contesto inadeguato e poco inclusivo.

Chi va e chi torna
Aumentano non solo gli espatriati, ma anche coloro che decidono di tornare, con un effetto positivo dei recenti interventi per favorire il reinserimento. Anche questo, segno del fatto che spesso la partenza è una scelta obbligata, alimentata dalla speranza di poter rientrare in Italia non appena possibile. Il Rapporto della Fondazione Migrantes parla infatti di un totale di 443mila rientri nel decennio 2012-2021, con un aumento progressivo dei rimpatri annuali, da 29mila a 75mila, in un saldo migratorio totale che, comunque, resta negativo.