Dall’attacco a Israele all’assedio di Gaza. Strage nei kibbutz, massacro del rave party, la risposta dello Stato ebraico con i bombardamenti sulla Striscia e l’operazione via terra

Oggi, martedì 7 novembre, scocca esattamente un mese dal sanguinoso attacco di Hamas, l’operazione “Alluvione al-Aqsa”, ad Israele, costato la vita a 1.400 persone e la sparizione di oltre 240, trascinate nella Striscia di Gaza; domani, mercoledì 8 novembre, dalla proclamazione da parte di Israele dello Stato di Guerra al movimento islamista, con l’operazione “Spade di ferro”. Parte così l’assedio totale della Striscia di Gaza il cui obiettivo è, oltre a liberare gli ostaggi, la distruzione totale di Hamas, come dichiarato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. L’assedio a Gaza si concretizza nell’interruzione di Internet e dell’energia elettrica, nel divieto di ingresso di carburante, che i terroristi usano, secondo Israele, per lanciare i missili contro lo Stato ebraico; niente cibo.
Con gravi conseguenze umanitarie, persino negli ospedali che operano senza personale e rifornimenti medici. Il bilancio ad oggi è pesantissimo: undicimila morti, un vero e proprio disastro umanitario, la questione ostaggi ancora aperta e il pericoloso coinvolgimento di altri gruppi terroristici, come Hezbollah e di altri stati, come il Libano e l’Iran. La fine della guerra, dunque, non sembra vicina e neanche prevedibile. Benjamin Netanyahu, premier israeliano, è sordo a qualsiasi richiesta, anche da parte dei propri cittadini, di un cessate il fuoco. Lo stesso premier ha nuovamente chiarito, semmai, che un cessate il fuoco nella Striscia dipende dal rilascio di tutti gli israeliani tenuti in ostaggio da Hamas. Sono i civili, e i bambini dell’una e dell’altra parte, sempre di più le vittime di un conflitto che coinvolge abitazioni, infrastrutture civili e sanitarie. Il primo ministro israeliano ha fatto sapere, in un’intervista su Abc News, che «il suo Paese ha la responsabilità generale della sicurezza» nella Striscia «per un periodo indefinito» dopo il conflitto. Un altro messaggio che di sicuro non aiuta.