Retribuzioni +3% su base annua, ma il 54% dei contratti attende il rinnovo

Altro che salario minimo. Nonostante, per l’Istat, a settembre i salari siano in crescita del 3% su base annua, la distanza tra la dinamica della crescita prezzi e quella delle retribuzioni resta ampia, superando i cinque punti percentuali a svantaggio degli stipendi. Non solo, è in attesa di rinnovo il 54% dei contratti di lavoro.L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie, a settembre, è stabile rispetto al mese precedente e aumenta del 3% rispetto a settembre 2022, con un aumento tendenziale che è stato del 4,5% per i dipendenti dell’industria, dell’1,6% per quelli dei servizi privati e del 3,3% per i lavoratori della pubblica amministrazione. La beffa sta anche nel fatto che «la dinamica tendenziale delle retribuzioni contrattuali fa registrare per il sesto trimestre consecutivo un progressivo rafforzamento», che, tuttavia, da solo non basta. Il problema è che, sebbene, tra settembre 2022 e settembre 2023, il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto sia diminuito da 33,9 a 29,1 mesi e per il totale dei dipendenti da 17,2 sia sceso a 15,7 mesi, i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica sono 42 e riguardano il 46% dei dipendenti, cioè circa 5,7 milioni, pari al 45,2% del monte retributivo complessivo, vi sono a fine settembre ancora contratti in attesa di rinnovo, quindi scaduti, circa 31, che coinvolgono circa 6,7 milioni di dipendenti, il 54,0% del totale. È, dunque, il rinnovo dei contratti alla scadenza, la scossa che serve agli stipendi e all’economia per evitare la recessione e soprattutto per una stabile, quanto indispensabile, crescita.