di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

L’impatto del welfare aziendale nel mondo del lavoro è sempre più significativo e se ne parla oggi su Repubblica Affari&Finanza, notando come non si tratti «più solo uno strumento di responsabilità sociale, ma anche di una strategia per attrarre e fidelizzare il personale» anche se, in realtà, è proprio questo il senso della RSI: il conciliare i benefici per i dipendenti o altri stakeholder con il vantaggio economico per le imprese, rendendo in questo modo le iniziative sociali effettivamente utili ai fini della produttività e dei risultati dell’azienda e non solo frutto di “buona volontà”, in una situazione win-win, ovvero capace di comportare benefici per tutte le parti coinvolte. Il motivo per cui queste iniziative si diffondono nonostante la nostra sia un’epoca di digitalizzazione e robotizzazione, quindi con teoricamente un ruolo prioritario per le “macchine” rispetto ai lavoratori in carne ed ossa è presto detto: la competizione fra aziende si fonda oggi più di ieri sulle capacità e sulle competenze del “capitale umano”, ovvero di dipendenti e collaboratori. Con un’iniziativa utile a far comprendere che il welfare aziendale è una scelta sociale, ma anche e soprattutto una strategia economica, l’università Bocconi, con il suo lavoro intitolato “Il welfare aziendale: strategia per la crescita economica delle imprese e il benessere dei lavoratori”, ne ha monitorato gli effetti benefici per le imprese da punto di vista dei ricavi economici. Il risultato verificato è stato quello di un incremento superiore al 10%, grazie anche all’elemento fiscale, la crescita del coinvolgimento dei lavoratori nelle attività delle imprese, oltre che un aumento dell’attrattività delle aziende stesse. Oltre a ciò, e questo è un punto sul quale soffermarsi, si sono osservate maggiori possibilità da parte dei dipendenti di scegliere di diventare genitori, anche in questo caso il 10% in più, segno del nesso evidente fra condizioni di lavoro – intese non solo dal punto di vista strettamente retributivo, ma anche di benefit, servizi, possibilità di conciliazione – e decisione di dar vita ad una nuova famiglia. Un tema da non sottovalutare dati i problemi di denatalità che affliggono l’Italia. Un modo anche di affrontare il fenomeno delle “grandi dimissioni”, presente anche nel nostro Paese, ovvero la scelta, dopo la pandemia di Covid-19 di abbandonare il lavoro o ridimensionarlo per dare maggiore spazio al privato. Condizioni, però, tutte queste, e va detto, che riguardano soprattutto i lavoratori maggiormente formati e quindi più necessari al mondo del lavoro ed alle aziende e con una maggiore forza contrattuale, resta quindi il nodo, fondamentale, di incrementare l’istruzione e la formazione, specie nelle materie Stem, per garantire ai lavoratori maggiori possibilità di scelta e migliori condizioni di lavoro.