«Abbiamo suggerito ad Israele di reagire colpendo le sedi di Hamas ma evitando di colpire la popolazione civile»

«I rischi per un allargamento del conflitto ci sono, si lavora perché non diventino realtà». Così il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervenendo a margine del Consiglio Affari Esteri in Lussemburgo. Quanto sta accadendo in Medio Oriente occupa inevitabilmente una parte importante del dibattito pubblico e dell’agenda governativa: oltre ai rischi di un’escalation nella regione, che avrebbe un impatto drammatico a livello internazionale, e alla necessità di liberare gli ostaggi in mano ad Hamas (sono oltre 200, secondo le stime), non bisogna dimenticare il rischio di attentati – preoccupano in particolare eventuali gesti di emulazione, difficilmente prevedibili – e di violenza contro le comunità ebraiche presenti in Italia. Tajani, pur ribadendo che il governo italiano considera legittima la reazione israeliana agli attacchi di Hamas, ha invitato Israele a non colpire la popolazione civile «che non ha alcuna responsabilità». Sabato, ricordiamo, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha incontrato il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, a Tel Aviv. La visita ha permesso al primo ministro di esprimere solidarietà ad Israele e di condannare l’aggressione di Hamas del 7 ottobre: «Dalle immagini che abbiamo visto per noi è incredibile quello che è successo due settimane fa. Mostrano qualcosa più di una semplice guerra, mostrano la volontà di cancellare gli ebrei da questa regione ed è un atto di antisemitismo. E dobbiamo combatterlo, oggi come ieri».