Patto di stabilità, obiettivi strategici e investimenti prioritari nel contesto di un mondo instabile
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

L’instabilità dello scenario geopolitico con l’infiammarsi della guerra in Medio Oriente avrà un riflesso drammatico sul quadro economico internazionale. L’aumento dell’inflazione, il rincaro dei prezzi dei beni primari e dell’energia rischiano di avere un effetto potenzialmente devastante sotto il profilo economico, sociale e occupazionale. E questa crisi non nasce in dopo un periodo di prosperità, ma si aggiunge a quanto accaduto negli scorsi anni, dalla pandemia Covid alla crisi energetica, al conflitto, ancora in corso, tra Russia e Ucraina. L’Unione europea deve rispondere a queste sfide in modo adeguato, cambiando anche alcune visioni che, se forse già non erano state le più convenienti in passato, ora, senza alcun dubbio, non si adattano più allo scenario attuale. In tal senso, come rilevato dal Ministro Giorgetti nel corso della riunione dell’Ecofin, è fondamentale che le nuove regole Ue sul Patto di stabilità, puntino a raggiungere il giusto equilibrio tra sostenibilità fiscale e crescita economica. Il nostro sindacato Ugl ritiene essenziale introdurre una Golden Rule europea che preveda lo scomputo degli investimenti e delle spese legate alle priorità europee, come difesa, transizione energetica e digitalizzazione, per realizzare obiettivi strategici e politiche industriali indispensabili per rilanciare l’occupazione e rafforzare la competitività delle imprese. L’avanzamento dei Brics e il rischio di una nuova crisi nell’approvvigionamento delle materie prime impongono di definire nuovi criteri orientati alla flessibilità al fine di incoraggiare la ripresa e la creazione di nuovi posti di lavoro. Non si tratta di una scelta auspicabile solo per motivi economico-sociali, ovvero per il rilancio della nostra industria e quindi dell’occupazione, ma per una questione più ampia di sicurezza nazionale, dato che il doversi rifornire da Paesi terzi in questa situazione di instabilità internazionale può determinare molti rischi e una debolezza di fondo dell’Europa anche sul piano politico. Il mondo sta cambiando in fretta e non in senso positivo e l’Europa non può più permettersi di dipendere troppo dall’estero per beni essenziali: il modello di globalizzazione al quale eravamo abituati – e che già presentava luci ed ombre ed al quale, con un po’ di lungimiranza, già preferivamo scelte diverse ed improntate verso una maggiore attenzione nei confronti del sistema produttivo nazionale e continentale – ormai appartiene al passato. E l’Europa, stavolta, deve farsi trovare pronta.

Shengen
Un altro aspetto della crisi in corso riguarda il ripristino dei controlli alle frontiere, in uno scenario nel quale alle conseguenze economiche dei conflitti si sommano i rischi di attentati sul suolo europeo. Per questo appare più che opportuna la decisione del governo di tornare alla situazione pre-Shengen, ovvero di procedere al controllo dei documenti, per chi varca il confine tra Italia e Slovenia, per dieci giorni prorogabili fino a un massimo di sei mesi.