Il dossier del Cnel

L’assemblea straordinaria del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, presieduto dalla primavera scorsa dall’ex ministro Renato Brunetta, ha dato il suo via libera a maggioranza, con il voto a favore, fra gli altri, di Cisl e Ugl e contrario di Cgil e Uil, ad un documento intitolato “Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia”. Il testo, che risponde alla richiesta che la premier Giorgia Meloni aveva rivolto allo stesso Cnel l’11 agosto scorso subito dopo l’incontro con i leader dell’opposizione, si compone di due parti, la prima delle quali dedicata all’inquadramento e all’analisi del problema. La seconda parte contiene, invece, osservazioni conclusive e proposte. Il documento è stato elaborato dalla commissione informazione del Cnel, presieduta dal professor Michele Tiraboschi, già animatore di Adapt, colui che, in pratica, ha raccolto l’eredità accademica di Marco Biagi, barbaramente ucciso dalle Brigate rosse il 19 marzo del 2002. Il punto di partenza dell’analisi del Cnel è dato dalla Direttiva (UE) 2023/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022, che deve essere recepita dagli Stati membri entro il 15 novembre 2024. La Direttiva, come chiarisce il testo del Cnel, non impone agli Stati membri alcun obbligo di fissare per legge il salario minimo adeguato né di stabilire un meccanismo vincolante per l’efficacia generalizzata dei contratti collettivi, ma di promuovere un sostanziale miglioramento dell’accesso effettivo dei lavoratori al diritto alla tutela garantita dal salario minimo con una preferenza per la soluzione contrattuale, indicando una soglia dell’80% di copertura. In caso di adozione di un salario minimo legale, la Direttiva impone agli Stati membri il ricorso a valori di riferimento indicativi, quali il 60% del salario lordo mediano (valore pari a 6,85 euro in Italia; il dato è riferito al 2019; il prossimo anno è previsto il suo aggiornamento da parte dell’Istat) e il 50% del salario lordo medio (valore pari a 7,10 euro in Italia), gli oneri posti a carico delle piccole e medie imprese, la tutela dei lavoratori in caso di appalto, la presenza di sistemi di monitoraggio della contrattazione collettiva. Il tasso di copertura della contrattazione collettiva nel nostro Paese, desunto dai flussi Uniemens, è del 95%, con il Ccnl applicato conosciuto per oltre 13,8 milioni di lavoratori su 14,5 milioni. Il Ccnl applicato non viene dichiarato dal datore di lavoro pubblico nel 4% dei casi (518mila addetti) e per l’1% dal datore di lavoro privato (circa 171mila addetti). Quindi, la soglia dell’80% è superata di slancio.