La contrattazione collettiva centrale per il miglioramento delle condizioni salariali
Partendo dal fatto che la Direttiva Ue chiede agli Stati membri di operare per il miglioramento delle condizioni salariali e non di fissare obbligatoriamente una soglia per legge e tenendo conto che la contrattazione collettiva fra le parti ha una funzione «politica», in quanto volta a valutare il valore economico di scambio del lavoro in un dato settore produttivo, in un determinato periodo, il Cnel arriva a sostenere che è proprio la contrattazione collettiva ad essere la sede privilegiata e da valorizzare per la fissazione dei trattamenti minimi retributivi. Peraltro, aspetto non secondario, la fissazione di un minimo per legge presta il fianco ai cambiamenti di maggioranza di governo e parlamentare, mentre le forze sociali si assumono la responsabilità di mediare fra gli interessi della domanda e dell’offerta nei singoli settori produttivi. Da qui la prima di una serie di proposte che il Cnel presenta al governo e al parlamento., quella di adottare un Piano di azione nazionale affidato al Cnel, a sostegno di un ordinato e armonico sviluppo del sistema della contrattazione collettiva, con l’obiettivo di riorientare in termini di efficienza ed efficacia le risorse economiche stanziate su occupazione, welfare, bilateralità, attività di impresa, produttività. Una seconda proposta punta alla valorizzazione degli accordi interconfederali, anche per risolvere il problema della sovrapposizione dei perimetri contrattuali, un aspetto che riguarda in primis le associazioni datoriali.