di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Manca poco più di un giorno alla convocazione a Palazzo Chigi sulla manovra di bilancio, nata e redatta prima dei noti sconvolgimenti internazionali. Se non è stato semplice per il governo redigere una manovra che rispetti le linee di prudenza contabile e di realismo politico, in un simile contesto di incertezza, ancora meno lo è gestire i rispettivi sempre più magri bilanci per le famiglie e per chi vive di reddito da lavoro e da pensione. Le parole espresse dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in audizione presso le Commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato per illustrare la Nota di aggiornamento del Def 2023, nel ribadire che Nadef e legge di bilancio sono improntate al principio di responsabilità e prudenza contabile, vanno nella direzione di una netta assunzione di impegni sul taglio del cuneo fiscale, sull’attuazione della prima fase della riforma fiscale, sulle misure a sostegno delle famiglie numerose, sul rinnovo dei contratti della PA, con particolare attenzione al personale medico sanitario. Sono punti importanti che potremo valutare meglio in occasione dell’incontro a Palazzo Chigi. A tal proposito, occorre segnalare e ribadire come UGL che, alla luce di quanto riportato dall’Istat e cioè che, nel 2022, nonostante sia aumentato il reddito disponibile del 5,5%, il potere d’acquisto delle famiglie si è ridotto del -1,6%, attraverso la manovra di bilancio bisogna rispondere con misure a sostegno dei salari, dalle quali possa generarsi un rilancio dei consumi e una maggiore tutela, anche in termini di tenuta dell’occupazione, per i lavoratori. È proprio l’acuirsi dell’incertezza, e le prospettive non rosee sul fronte dell’approvvigionamento e del prezzo dei beni energetici, a suffragare la necessità di un taglio del cuneo fiscale sul lavoro, affinché entrino maggiori risorse in busta paga. Una riduzione della tassazione consentirebbe di immettere liquidità nell’economia, agevolando l’accesso al credito e alle risorse per le imprese, con la prospettiva di generare nuove opportunità di lavoro e favorire la crescita economica. In più, il rafforzamento della contrattazione collettiva nazionale e, al contempo, il rilancio della contrattazione di secondo livello aziendale è la strada maestra per implementare le tutele e innalzare i livelli delle retribuzioni. Poiché la contrattazione collettiva in Italia copre circa il 90% dei settori lavorativi, l’introduzione di un salario minimo andrebbe solamente ad indebolire il potere della contrattazione, favorendo, invece, un pericoloso allineamento al ribasso delle retribuzioni e delle tutele per i lavoratori, senza risolvere il problema del lavoro sommerso. È questo il momento storico per superare gli steccati ideologici e puntare sul confronto fra Governo e parti sociali per arrestare la drammatica erosione del potere d’acquisto dei lavoratori causata dalla spirale inflazionistica.