di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Oggi il quotidiano La Stampa illustra un’iniziativa di Responsabilità Sociale d’Impresa portata avanti dalla Barilla, che riguarderà gli 8.700 lavoratori del gruppo a livello globale e partirà dal prossimo gennaio. Il titolo dato alla buona pratica è “Attenzione ai diritti”: si tratta di un congedo familiare allargato della durata di tre mesi a stipendio pieno per tutti i neo-genitori, quindi mamme o papà, anche adottivi ed indipendentemente dallo stato maritale e dall’orientamento sessuale. Tutti coloro che si troveranno ad affrontare l’esperienza della genitorialità avranno a disposizione uno strumento in più per conciliare il lavoro e le nuove responsabilità di cura. Data la presenza di stabilimenti della multinazionale in varie parti del mondo, in caso di standard legislativi nazionali più vantaggiosi, verranno applicate le normative del Paese. Per quanto riguarda i dipendenti italiani, la novità investirà i lavoratori di sesso maschile, dato che da noi già sono previste 12 settimane di congedo retribuite al 100% per le neo-madri. Per gli uomini, invece, la normativa italiana stabilisce solo 10 giorni di congedo e l’ampliamento di quest’ultimo a tre mesi rappresenterà di fatto una novità considerevole per le famiglie coinvolte, permettendo anche un’alternanza fra mamme e papà nella cura dei figli e quindi avrà ricadute positive indirette per le donne, che potranno giovarsi di un migliore bilanciamento nella gestione delle responsabilità genitoriali. Un esempio di ciò che si può fare, concretamente, per avviare politiche aziendali “family friendly”, per aiutare le giovani coppie ad affrontare un progetto genitoriale in modo più sereno. Obiettivo dell’azienda, in questa specifica iniziativa, dal punto di vista italiano, è il congedo di paternità, che nel nostro Paese è comunque minimo, soli dieci giorni in base alla legge, molto pochi in confronto a quanto accade in altri Stati europei. Un ampliamento dei congedi per i padri può essere, invece, utile, per loro stessi e per impostare una visione di maggior condivisione dei ruoli all’interno delle famiglie, per far emergere la necessità di superare quel gender gap in base al quale gli oneri di cura sono solo femminili, con ricadute negative poi dal punto di vista delle pari opportunità per le donne nel mondo del lavoro. Un progetto interessante e condivisibile, a dimostrazione dell’importanza della Responsabilità Sociale delle Imprese, che in molti casi può fare la differenza per costruire un ambiente di lavoro migliore, con ricadute positive sulla produttività, e che, a cascata, può generare effetti anche al di fuori delle mura dell’impresa, costituendo un precedente replicabile da altre aziende o destinato a migliorare gli standard generali, sia nella contrattazione collettiva che nella formulazione delle leggi sul lavoro.