di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

In Italia mancano i tecnici specializzati, mentre sia il sistema di istruzione che la percezione sociale restano ancorati su altri modelli di studi, con accanto un’elevata presenza di abbandono scolastico e Neet. Generando così l’esclusione delle nuove generazioni da professioni richieste e ben retribuite e creando un divario sociale generazionale, negativo dal punto di vista economico e sociale, dato che le aziende sono invece alla “disperata” ricerca di figure tecniche di alto livello, che continuano ad essere troppo poco reperibili. Oggi di questo argomento ha parlato La Stampa, citando la ricerca svolta dalla Fondazione Agnelli in collaborazione con l’Università di Milano, il «Rapporto Its Academy: una scommessa vincente? L’istruzione terziaria professionalizzante in Italia e in Europa». In base a questo studio, abbiamo necessità di recuperare ritardi quarantennali accumulati nei confronti degli altri Stati europei, che hanno investito già da tempo sui loro Its. Gli studenti italiani che si iscrivono agli Istituti Tecnologici Superiori sono pochi e quasi tutti di sesso maschile, in un percorso ancora “stigmatizzato” a livello sociale, a partire dagli Istituti Tecnici e Professionali, come scelta di serie b, mentre all’estero quella tecnica è considerata un’area di studio di tutto rispetto. Questo pregiudizio, duro a morire, fa sì che gli studenti più brillanti si rivolgano altrove, spesso con conseguenze negative in termini di occupazione futura. Allo stesso modo, nel nostro Paese è ancora forte una divisione di genere nell’ambito dell’istruzione sia superiore che terziaria e gli studi tecnici vengono percepiti come un settore maschile, anche in questo caso determinando maggiori difficoltà per le ragazze nel trovare poi un lavoro. Ad oggi, nei 146 Its italiani gli studenti sono solo 25mila, mentre ne sarebbero necessari 80mila. Il confronto con i maggiori Stati dell’Ue in merito alla percentuale degli studenti che, dopo le superiori, frequentano le Its Academy – ovvero le specializzazioni tecniche triennali post-diploma – conferma la necessità di colmare un gap che influisce su crescita economica, occupazione di qualità, inclusione sociale: sono ben il 40% in Germania, il 29% in Francia, il 27 in Spagna. Solo l’1% in Italia. Una disparità che non lascia adito a dubbi. Sicuramente allo Stato spetta l’onere di migliorare l’offerta didattica degli istituti tecnici, a partire dalle scuole superiori, e la politica ed il governo finalmente si stanno impegnando in questo senso, ma secondo la ricerca sarebbero necessari ulteriori e corposi investimenti. Oltre a ciò serve uno scatto culturale: lo studio, ad esempio, evidenzia una mancata sinergia tra gli Its Academy e l’istruzione universitaria, collaborazione che invece andrebbe potenziata, superando la visione che vede i primi troppo “pratici” e la seconda, invece, esclusivamente “teorica”. Abbracciando in pieno la contemporaneità, nella quale c’è bisogno di una tecnica “alta”, basti pensare al settore delle tecnologie digitali e dell’IA ed al vasto mondo della green economy.