di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

La relazione annuale dell’Inail sugli infortuni sul lavoro, presentata ieri dal commissario straordinario Fabrizio D’Ascenzo, non lascia adito a dubbi sulla gravità della situazione della salute e sicurezza sul lavoro in Italia. Nel 2022 sono stati denunciati all’Istituto oltre 700mila infortuni, con una crescita del 24,6% rispetto all’anno precedente. Quelli mortali sono stati 1.208, il che significa, ed è un numero agghiacciante, che in media ci sono state 100 vittime del lavoro al mese. Un numero, che, però, continua a non fare notizia come dovrebbe. Per quanto riguarda il 2023, i dati raccolti dall’Inail mostrano calo rispetto all’anno scorso, sia delle denunce di infortuni, 383mila circa, il 20,9% in meno rispetto al 2022, sia dei casi con esito mortale, che nei primi 8 mesi dell’anno in corso sono stati 657, 20 in meno rispetto a quelli che si sono verificati tra gennaio ed agosto 2022, il che vuol dire che la media mensile delle vittime del lavoro è scesa ad 82 persone al mese. Un numero inferiore, certamente e non possiamo che esserne lieti, ma, comunque, tutt’altro che accettabile. Tanti gli elementi da analizzare e tutte da ribadire le richieste del nostro sindacato per affrontare questa situazione, dai controlli alla formazione. Sicuramente degna di nota l’osservazione dello stesso D’Ascenzo sul nesso fra infortuni ed invecchiamento della popolazione attiva, che «costituisce ormai un fenomeno che investe tutti i settori lavorativi e che ha aumentato l’esposizione al rischio nelle età più avanzate, a causa di uno spostamento in avanti dell’età pensionabile e di un mancato ricambio generazionale. L’incidenza degli infortuni degli over 50enni, infatti, è in aumento ed è pari al 36,4% degli infortuni in complesso e al 50,5% dei casi mortali». Un nesso che l’Ugl aveva più volte sottolineato, anche osservando i casi di cronaca sulle numerose vittime del lavoro ultra-cinquantenni, collegandolo al tema di riforma delle pensioni. Ricordando, cioè, che non basta fare calcoli astratti sull’allungamento della speranza di vita e sulla necessità di tenere in ordine i conti, come ai tempi della legge Fornero, senza tener debitamente presenti le conseguenze negative del mancato turn-over per le giovani generazioni e per le stesse aziende, ma anche senza considerare il fattore umano, che rende un lavoratore in là con gli anni maggiormente a rischio di incidenti, generando così un pericolo per sé e per gli altri. Anche per questo chiediamo di proseguire sulla strada della flessibilità in uscita, per consentire al maggior numero di persone di ritirarsi prima dal mondo del lavoro attivo. Dalla sicurezza sul lavoro alle pensioni, temi strettamente collegati, che vanno affrontati con lungimiranza, anche per invertire un fenomeno, quello delle morti bianche, inconcepibile per un Paese civile.