Verrebbe eliminato il paletto relativo all’ammontare minimo dell’assegno percepito

L’ipotesi era circolata anche negli incontri che Cgil, Cisl, Uil, Ugl e le altre parti sociali hanno avuto con gli esperti dell’osservatorio sulla spesa previdenziale fra luglio e settembre ed ora trova conferma nelle parole del sottosegretario al ministero del lavoro, Claudio Durigon. Il ministero starebbe studiando la possibilità di uscire a 64 anni di età e minimo 20 anni di contributi con il calcolo interamente contributivo. Ciò è già possibile pure oggi, però è richiesto un ulteriore requisito, che l’assegno pensionistico sia superiore a 2,8 volte il minimo, vale a dire circa 1.600 euro mensili. Un tetto praticamente irraggiungibile, a meno di non avere uno stipendio molto alto e conseguentemente contributi importanti per tutti i venti anni richiesti. I sindacati, pure nel recente passato, avevano chiesto di fissare il requisito anagrafico a 62 anni, sempre togliendo il parametro dell’ammontare minimo dell’assegno percepito. È indubbio che, anche con il paletto dei 64 anni, tale meccanismo, che qualche giornale ha già ribattezzato come Quota 84, darebbe una maggiore flessibilità in uscita rispetto al presente, rimettendo nelle mani della persona la scelta di cosa fare, sapendo che, comunque, avrà una pensione mediamente più bassa rispetto a chi decide di lasciare più tardi. In un tale scenario, assume ancora più rilevanza la previdenza complementare di cui si è parlato molto in queste settimane.