L’Ocse ha svolto una indagine su 2mila imprese dei settori manufatturiero e finanziario

Gli effetti dell’introduzione dell’intelligenza artificiale (IA) sul mercato del lavoro non sono ancora evidenti, nonostante le preoccupazioni suscitate dal suo sviluppo. L’impatto sui livelli occupazionali è stato finora limitato. Del resto, l’adozione dell’IA è generalmente concentrata nelle grandi aziende e sta avvenendo in forma ancora sperimentale. Inoltre, le prime aziende ad utilizzarla appaiono riluttanti a ridurre il personale, preferendo adeguare la forza lavoro attraverso assunzioni rallentate, dimissioni volontarie e pensionamenti. Alcune di esse riferiscono che, di fronte all’invecchiamento della popolazione e alla carenza di manodopera, l’intelligenza artificiale potrebbe contribuire ad alleviare alcune esigenze di competenze non soddisfatte dai lavoratori. Per il momento, dunque, più che sostituire i lavoratori, l’IA ne sta modificando l’attività, con riflessi sul fabbisogno formativo. Sono questi i risultati della prima indagine transnazionale realizzata dall’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (in inglese, Organisation for economic cooperation and development – OECD) nell’ambito del programma di ricerca “Lavoro, Innovazione, Produttività e Competenze” e riportate nel rapporto “Prospettive occupazionali 2023. L’Intelligenza artificiale e il mercato del lavoro”. L’indagine è stata svolta nel 2022 su 2.000 imprese e 5300 lavoratori dei settori manifatturiero e finanziario all’interno di sette Paesi (Austria, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Regno Unito e Stati Uniti d’America).