La questione natalità si concretizza anche nella diminuzione del numero di studenti
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Siamo all’inizio di un nuovo anno scolastico e, come sempre, le possibili riflessioni da fare su come migliorare il sistema italiano di istruzione potrebbero essere diverse ed abbracciare gli argomenti più disparati, dalla sicurezza degli edifici alla modernizzazione degli strumenti, dalle modifiche al piano di studi alla possibilità di rimodulare gli orari, rendendoli più conformi alle esigenze della società contemporanea, fino, naturalmente, alla situazione lavorativa di insegnanti e altro personale non docente. Oltre a tutto questo, però, in occasione dell’inizio delle lezioni, è stato diffuso un dato piuttosto impressionante: il numero degli alunni sta diminuendo costantemente, tanto che rispetto all’anno scorso nelle classi ci saranno 127 mila studenti in meno. Corrispondenti alla sparizione di una città di media grandezza, più o meno equivalente a Salerno o Latina. Un effetto del calo della natalità in Italia, che sta generando una diminuzione progressiva della popolazione giovane, compresi bambini e ragazzi in età scolare, sempre meno numerosi. Da un lato questa dovrebbe essere l’occasione per garantire ai – pochi – studenti un servizio di migliore qualità: eliminando le cosiddette “classi pollaio” e fornendo, grazie al fatto che i ragazzi da seguire saranno meno, un insegnamento più dedicato alle esigenze dei singoli alunni. Certamente, tutto vero. Ma non sufficiente: occorre invertire con forza questo trend perché la situazione demografica del Paese nel giro di qualche anno potrebbe realisticamente diventare insostenibile, con un rapporto sempre più sbilanciato tra giovani, adulti ed anziani. In un processo di invecchiamento costante che non sarebbe solo preoccupante dal punto di vista economico, ad esempio sul fronte previdenziale, ma anche e soprattutto su quello culturale e sociale. Un Paese con sempre meno giovani rischia di diventare stagnante, ripiegato sul passato, incapace di produrre innovazione, di credere nel proprio futuro e gettare le basi per un processo di sviluppo e crescita, poco appetibile per i giovani stessi, spesso tentati dall’idea di cercare migliori condizioni di vita altrove. La sfida demografica, quindi, resta una delle più importanti per l’Italia, trovando soluzioni per aiutare di più e meglio le nuove generazioni, le famiglie che si sono appena formate e quelle che vorrebbero formarsi, i ragazzi che si approcciano al mondo del lavoro e che hanno diritto a trovare occupazioni stabili e ben remunerate. Il futuro del Paese si gioca sui giovani.

Sicurezza sul lavoro
Da sottoscrivere l’appello del Presidente della Repubblica Mattarella sulla sicurezza sul lavoro: «Non è tollerabile perdere una lavoratrice o un lavoratore a causa della disapplicazione delle norme che ne dovrebbero garantire la sicurezza sul lavoro I morti di queste settimane ci dicono che quello che stiamo facendo non è abbastanza». Bisogna cercare soluzioni migliori, più efficaci, con controlli più diffusi e serrati, maggiore formazione, a tutti i livelli, scuole comprese: anche questo è un tema da inizio di anno scolastico. Solo una tangibile diminuzione di infortuni e vittime potrà confermare che la strada è quella giusta.