di Francesco Paolo Capone

La denuncia di don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, lanciata dai microfoni di Rtl 102.5, proprio perché inquietante, dimostra che lo Stato, il governo è andato nella giusta direzione con le scelte fatte per strappare dalle mani della criminalità organizzata un intero territorio.
Sulla strada giusta, sì, ma non per questo facile e in discesa. Tutt’altro. Occorre non solo perseverare e aggiungere ulteriori sforzi in termini di mezzi e di personale delle forze dell’ordine ad una battaglia che non sarà breve e che dovrà essere esemplare, ma occorre anche la mobilitazione della società civile, facendo innanzi tutto quadrato attorno alle istituzioni, e una risposta chiara e fattiva al nuovo appello, al grido di allarme lanciato di nuovo da un uomo di Chiesa in prima linea, quale è don Maurizio. Una “chiamata” che deve toccare e scuotere le coscienze di tutti coloro che, a vario titolo e a vari livelli di responsabilità, hanno un ruolo nella società, nel mondo del lavoro e dell’economia, il cui sviluppo, sappiamo benissimo tutti, presuppone uno standard elevato di sicurezza e di ordine pubblico.
Lo scenario che si è rivelato negli ultimi giorni e che è stato efficacemente descritto da don Maurizio Patriciello è da vera e propria guerriglia: da quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, ha visitato il Parco Verde e nonostante le forze dell’ordine da allora si stiano facendo in quattro, a Caivano persone mascherate scorrazzano in moto ad alta velocità con i kalashnikov sulle spalle, sparando all’impazzata per poi dileguarsi. Il quartiere, ovviamente, è piombato di nuovo nel terrore e non potrebbe essere altrimenti, perché morire a causa di uno dei tanti proiettili vaganti è una probabilità affatto remota. Ben tre, infatti, sono stati gli episodi di simili “scorribande” avvenuti a Caivano. Per don Patriciello tali atti vanno interpretati come una sfida allo Stato da parte della criminalità, che in questo modo dimostra di non avere paura.
Le interpretazioni possono essere diverse e ognuna legittima, soprattutto se proveniente da chi quell’aria la respira e su quel suolo cammina quotidianamente. Ma è altrettanto vero che è stata proprio la più visibile presenza dello Stato a scatenare la reazione della criminalità organizzata, la quale, sentendosi minacciata, minaccia a sua volta la parte più fragile della società, scagliandosi come può e come sa contro la popolazione inerme. Non sono d’accordo con chi minimizza o addirittura stigmatizza la presenza di militari in scenari simili e sono convinto, come uomo e come segretario generale di un’organizzazione sindacale, che la presenza della parte più sana della società, che la creazione di vere opportunità e alternative al crimine siano fondamentali. Tanto quanto il rischio quotidiano della vita di donne e di uomini che hanno scelto, scarificandosi, di essere ogni giorno e in ogni situazione al servizio della comunità e della sicurezza di tutta la popolazione.