di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Dalla Germania, arrivano altri segnali di debolezza. Oggi, dalle rilevazioni dell’Ufficio Federale di Statistica (Destatis), è emerso un quadro a dir poco preoccupante: a luglio i nuovi ordini nel settore manifatturiero sono diminuiti dell’11,7%, mentre a giugno erano aumentati del 7,6% rispetto a maggio. Gli analisti si aspettavano un calo più moderato, ovvero pari al 3,5% su un mese. Invece siamo di fronte a un calo superiore a quello di marzo (-10,9%) e maggiore a partire dal picco della pandemia di Covid-19 nell’aprile 2020. Anche il fatto che il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, in un’intervista ad Handelsblatt, abbia sentito la necessità di dichiarare che «la Germania non è il malato d’Europa» e che una simile diagnosi debba in ogni caso considerarsi «sbagliata», non si può fare a meno di coglierlo come un segnale piuttosto evidente e molto significativo di qualcosa che, quanto meno, non va per il verso giusto. Avremmo mai immaginato prima di leggere o ascoltare parole simili o che «il modello economico tedesco non è in scadenza», ma che ha soltanto «bisogno di un aggiornamento»? Chi di austerity colpisce, di austerity perisce, verrebbe da dire pensando anche ai falchi della Bce che stanno mantenendo in vita una politica monetaria fon troppo restrittiva. Forse è una semplificazione, ma se davvero va tutto bene, bisognerebbe chiedersi perché il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in occasione del suo discorso durante il dibattito al Bundestag, abbia proposto un “patto per la Germania” per modernizzare e rilanciare il Paese. Un “Deutschlandpakt” – e un appello allo stesso tempo – rivolto ai 16 Laender, ai Comuni e persino, espressamente, all’opposizione nel Bundestag, che dovrebbe contenere misure per accelerare la pianificazione, rafforzare la crescita, digitalizzare l’amministrazione e limitare la migrazione irregolare. Secondo Scholz, i cittadini tedeschi sono stanchi dello stallo in cui versa l’economia tedesca e lo «sono anch’io», ha sottolineato il Cancelliere. Insomma, se l’economia tedesca non è il malato d’Europa, di certo non si sente molto bene.
Il fatto è che il temutissimo Economist – in Italia ne sappiamo qualcosa – nel mese di agosto aveva pubblicato un editoriale che descriveva la Germania come un Paese in grave crisi, con un’economia in declino, una burocrazia pesante e obsoleta e modelli di business superati. La copertina, soprattutto, mostrava l’Ampelmann, il famoso omino stilizzato dei semafori tedeschi, mentre spinge una flebo avanti a sé e un titolo inequivocabile, «La Germania è di nuovo il malato d’Europa?». Una domanda che non può non riecheggiare anche oggi, guardando all’andamento odierno delle Borse europee piuttosto deboli, alla preoccupazione degli investitori per l’economia in Cina e in Europa, agli indici pmi che accrescono il rischio di una recessione, nonché alle prossime decisioni della Bce relativamente alla politica monetaria che, con grande probabilità, continuerà ad essere restrittiva.