Le imprese che vogliono assumere hanno tutti gli strumenti per poterlo fare
Il Reddito di cittadinanza ha mostrato grossi limiti, soprattutto perché le politiche attive del lavoro sono state completamente deficitarie. Ora, parte la sfida del Supporto per la formazione e il lavoro con prospettive totalmente nuove con l’obiettivo di far uscire le persone dall’assistenzialismo
Il superamento del Reddito di cittadinanza con l’introduzione di un doppio percorso, con l’Assegno di inclusione riservato alle famiglie fragili e il Supporto per la formazione e il lavoro indirizzato verso le persone immediatamente attivabili, è stato accompagnato da forti polemiche, alimentate soprattutto dal Movimento 5 Stelle e da una parte del Partito democratico. La nostra Organizzazione sindacale apprezza il cambio di passo perché, finalmente, si prova ad uscire dal girone infernale dell’assistenzialismo per tentare di ridare dignità alle persone, accompagnandole verso una nuova occupazione. Anche nel Reddito di cittadinanza si parlava di politiche attive, ma si è poi assistito ad un completo fallimento, imputabile soltanto in parte al Covid-19. Si pensi, ad esempio, alla figura ibrida dei navigator, nati male, visto che non era immediatamente chiaro quale fosse il loro ruolo, e finiti peggio, vittime delle promesse dell’allora ministro del lavoro, Luigi Di Maio. Si pensi, ancora, alla farraginosità della procedura, con passaggi duplicati e strumenti digitali poco efficaci ed efficienti, e ai progetti utili alla collettività, i cosiddetti Puc, mai decollati. Il 1° settembre segna quindi uno spartiacque che, proprio sulla scorta degli errori commessi, dovrà caratterizzare questa nuova fase delle politiche attive per il lavoro. Le risorse ci sono, sia per far partire le attività formative e di orientamento, sia per dare un minimo di sostegno al reddito alle persone che vogliono rimettersi in gioco; le regole sembrano più immediate e semplici da applicare. Resta da capire quanto le imprese intenderanno supportare questo progetto, vista la loro scarsa presenza nei centri per l’impiego.