di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Il problema demografico resta uno dei principali nodi irrisolti del nostro Paese e i dati non fanno che confermare il perpetrarsi di questo fenomeno. Nel primo quadrimestre del 2023, le nascite sono scese del 1,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con 117.857 nuovi nati quest’anno, mentre nel 2022, tra gennaio e aprile c’erano state 119.185 nuove nascite. Ne parla oggi un articolo su L’Economia del Corriere della Sera, a firma di Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali. Perché quella demografica non è solo una questione sociale, ma anche un problema per la tenuta del sistema economico, dato che questo dato, accanto all’allungamento dell’aspettativa di vita, di 80,5 anni per gli uomini e di 84,8 per le donne, fa sì che nel nostro Paese cresca, parallelamente al calo delle nascite, la percentuale di anziani rispetto al resto della popolazione, con oltre 14 milioni di ultra sessacinquentenni, è salita al 24%, un italiano su quattro. Anziani che contribuiscono in modo importante al Pil, che aiutano i giovani, che sopperiscono alle carenze del welfare, anche se resta il fatto che questo processo a lungo termine sarà insostenibile. Il dato della demografia va invertito perché altrimenti non ci saranno abbastanza risorse per sostenere il sistema sanitario e quello pensionistico, servono quindi politiche per le famiglie e la natalità, ingressi regolari di immigrati, ma anche un’impostazione del sistema previdenziale capace di permettere il turnover generazionale nei ruoli più strutturati onde evitare di creare una cesura netta fra fasce anagrafiche a livello di inserimento nel mondo del lavoro e quindi anche come ammontare di contributi da versare, che invece sono inferiori, ovviamente, in caso di occupazioni discontinue e poco retribuite, con un effetto negativo sul budget disponibile per le pensioni. Queste considerazioni, ormai note, vanno poi messe in relazione con quanto riporta Brambilla nel suo articolo: se per l’Italia e più in generale per i Paesi occidentali, il problema è lo spopolamento e l’invecchiamento delle popolazioni, nel pianeta nel suo complesso si verifica l’opposto. L’aumento è esponenziale: se all’inizio dell’Ottocento la popolazione mondiale era di un miliardo di persone, dopo più di un secolo, fra le due Guerre Mondiali, era di due miliardi. Poi la crescita si è fatta accelerata, fino a raggiungere gli attuali oltre otto miliardi. La soluzione dovrà essere quella di accettare il “tramonto dell’Occidente” a livello demografico in un contesto di crescita generale con tutte le conseguenze su ambiente, inquinamento, accesso all’acqua ed alle risorse alimentari, benessere? La questione andrebbe affrontata a livello internazionale, al pari di altri fenomeni di portata mondiale, come i cambiamenti climatici ad esempio, per trovare soluzioni eque ed efficaci.