Reato di tentata estorsione

La Seconda Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n.629 del 2023 ha confermato la condanna di un datore di lavoro per il reato di tentata estorsione nei confronti di una sua dipendente. L’imputato aveva minacciato la lavoratrice, assunta in nero, avendo affermato che l’avrebbe licenziata se non avesse firmato un foglio in bianco e ritrattato le dichiarazioni già rese agli Ispettori Inail circa le proprie condizioni di lavoro. Prima il Tribunale di Milano poi la Corte d’Appello della stessa città hanno condannato il datore di lavoro per il delitto di tentata estorsione. L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione per vari motivi. La Corte d’Appello avrebbe ritenuto che l’imputato avesse intimato alla persona offesa, assunta in nero alle sue dipendenze, di firmare un foglio in bianco e di ritrattare le dichiarazioni già rese agli Ispettori Inail minacciando che in caso contrario non le avrebbe corrisposto le ultime due mensilità. Tale circostanza contrasta col capo di imputazione che parla di minaccia di licenziamento. L’imputato non aveva intenzione di licenziare la persona offesa ma la sua unica volontà sarebbe stata quella di regolarizzarla. Che in alcun modo la persona offesa avesse percepito la prospettazione di un male ingiusto e si trovasse in una condizione psicologica di timore sarebbe emerso dal fatto che ella si era recata quasi nell’immediatezza dal sindacato. Inoltre, secondo il ricorrente erroneamente il fatto era stato qualificato come tentata estorsione anziché come tentata violenza privata. Vi era stata poi l’inosservanza della legge penale in relazione al diniego delle attenuanti generiche. La Corte aveva trascurato che la posizione della lavoratrice era stata successivamente regolarizzata e la condotta tenuta dall’imputato era veramente minimale. La Cassazione ha giudicato il ricorso inammissibile. La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto accertato che l’imputato aveva minacciato la persona offesa, sua dipendente assunta in nero, avendo affermato che l’avrebbe licenziata se non avesse firmato un foglio in bianco e ritrattato le dichiarazioni già rese agli Ispettori Inail circa le proprie condizioni di lavoro. Alla luce di tale accertamento la Cassazione afferma che non vi è stata violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza atteso che l’imputato aveva minacciato la persona offesa di licenziarla. Per la Cassazione la prospettazione del licenziamento è idonea ad integrare gli estremi della minaccia. Nel caso in esame il potere di autodeterminazione della vittima è stato compromesso dalla minaccia di licenziamento.