Nuove stime sull’impatto significativo dell’automazione sul mondo del lavoro italiano
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Secondo l’ultimo rapporto di Confartigianato, la diffusione dell’intelligenza artificiale e dell’automazione potrebbe mettere a rischio il posto di quasi otto milioni e mezzo di lavoratori italiani, praticamente uno su tre. Come già sostenuto da diversi analisti anche internazionali, in particolare fra le professioni intellettuali, i cosiddetti “colletti bianchi”, gli amministrativi, i tecnici, il settore della comunicazione, perché più costosi, quindi più utili da sostituire per le aziende a fronte dell’investimento necessario per l’automazione del lavoro. Meno soggetti al problema i lavoratori manuali, più economici, ma anche gli artigiani, data la peculiarità della loro professione, strettamente legata all’elemento umano. Una questione non solo italiana: se nel nostro Paese il 36,2% degli occupati subirà l’impatto dei processi di automazione sul lavoro, la media europea sale al 39,5%. Un rischio sociale, quindi, ma anche un progresso tecnologico ormai inevitabile ed anche ricco di opportunità come sottolinea lo studio di McKinsey “The economic potential of generative AI” in base al quale l’IA potrebbe generare una crescita del Pil globale di 13.000 miliardi di dollari entro il 2030. Per salvaguardare il mondo del lavoro e la società occorre guidare questo cambiamento con lungimiranza: da un lato preparando i lavoratori del domani ad essere formati in modo adeguato grazie ad una conoscenza chiara delle prospettive del mondo del lavoro. Puntando sui settori Stem, sulla robotica, che inevitabilmente creerà nuove opportunità di lavoro da cogliere, ma anche recuperando il valore delle professioni artigianali. Dall’altro in questo mondo nuovo che appare all’orizzonte, i tempi sembrano maturi per un nuovo patto fra capitale e lavoro, per una nuova visione delle relazioni industriali, di stampo partecipativo, per fare in modo che i lavoratori non siano vittime delle trasformazioni del processo produttivo, ma protagonisti attivi del cambiamento. Il tutto tarato, dal punto di vista italiano, sulla dimensione spesso piccola e media delle nostre imprese. Resta poi la questione etica relativa alla robotizzazione, le implicazioni sulla mentalità collettiva, sulle libertà personali, le scelte di programmazione in grado di determinare conseguenze diffuse. Un dilemma che dovrebbe essere affrontato in tempo dalla politica, in modo consapevole e non ideologizzato, senza perdere tempo, perché ormai il cambiamento è già in atto, per fare in modo che questo processo venga guidato in modo da minimizzare i rischi e comportare benefici diffusi.

#socialeconomy
Appuntamento domani pomeriggio a Bisceglie, nell’ambito della prestigiosa manifestazione culturale “Libri nel Borgo Antico” per parlare di #socialeconomy, il mio libro che disegna la mappa per il viaggio nel futuro, basata su un modello economico di stampo fortemente sociale, quindi attento ai più fragili, interconnesso, comunitario e partecipativo, anche e soprattutto nella nostra epoca di digitalizzazione e robotizzazione. Perché “Nessuno si salva da solo”!