Contratti collettivi: strumento centrale per l’adeguamento dei salari, assieme al taglio del cuneo
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Una risposta efficace per affrontare il problema degli stipendi troppo bassi non è il salario minimo legale di nove euro l’ora; piuttosto questa è una soluzione non adeguata alla realtà del mondo del lavoro italiano, che rischia di indebolire la contrattazione collettiva per oltre il 90% dei lavoratori del nostro Paese. Un sistema, quello della contrattazione, che copre la gran parte della forza lavoro e, oltre a garantire retribuzioni maggiori rispetto a quelle della proposta di salario minimo per legge, disciplina anche aspetti come l’organizzazione del lavoro, l’orario di lavoro, la progressione di carriera, la sicurezza sociale e il welfare. La strada da percorrere, quindi, è quella di rafforzare la contrattazione, sostenendo anche la contrattazione di prossimità e le soluzioni di welfare aziendale, come rilevato dallo stesso Ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone. L’apertura del premier Giorgia Meloni al dialogo con l’opposizione e le parti sociali, e la concertazione con il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, Cnel, proposta dall’Esecutivo, rappresentano in ogni caso un importante passo avanti per delineare un percorso condiviso volto ad arginare il drammatico calo del potere d’acquisto dei salari, un momento di confronto necessario per affrontare le criticità del mondo del lavoro. L’Ugl in questo contesto considera prioritario rafforzare gli strumenti centrali come il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e riprendere la contrattazione interaziendale di secondo livello in un’ottica partecipativa, ad esempio con contratti di comunità che coinvolgano anche gli enti locali di riferimento, per attuare misure di tutela e difendere il potere d’acquisto dei salari. Senza dimenticare, poi, l’altro aspetto fondamentale della questione: quello relativo al cuneo fiscale, ovvero la differenza fra stipendi e salari netti e quanto invece costa il lavoro in termini di tasse sia al dipendente che al datore di lavoro. Una differenza ancora troppo alta che costituisce un vulnus, che incide al ribasso sulle retribuzioni e penalizza anche l’occupazione, impedendo un numero più alto di assunzioni. Anche qui bisogna intervenire ancora, proseguendo sulla strada già intrapresa col taglio già effettuato del cuneo, rendendolo strutturale ed ampliandolo, compatibilmente con le risorse a disposizione dello Stato, sia dal lato dei dipendenti che da quello dei datori di lavoro, per incentivare la ripresa e la quantità e qualità dell’occupazione.

Il ruolo del Cnel

Spesso al centro di polemiche, il Cnel, ora coinvolto nel confronto su salario minimo, è un ente importante, che colloca l’Italia nel contesto europeo, nel quale sono previsti sia organismi analoghi a livello nazionale che il Cese, che riunisce le parti sociali a Bruxelles e nel quale anche l’Ugl è rappresentata. Parlare della sua inutilità non solo è demagogico, ma anche pericoloso, perché volto a limitare gli spazi di rappresentanza. Renderlo efficiente, coinvolgendolo nelle materie di sua competenza, è, invece, il modo migliore per farne un soggetto più propositivo ed efficace.