di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl
Il fronte in favore dell’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione si fa sempre più ampio. Pochi giorni fa ha sintetizzato la questione il capo delegazione di Fratelli d’Italia-Ecr al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, affermando che l’apertura del confronto tra Governo e opposizioni sul salario minimo e più in generale sui temi legati al mondo del lavoro potrebbe essere l’occasione per «rilanciare la storica proposta della partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle imprese. Un’idea cara alla destra italiana, al mondo cattolico, a sindacati come Cisl e Ugl e a tante personalità indipendenti. Capitale e lavoro non devono essere nemici ma collaborare per la crescita dell’Italia». Parole condivisibili, che riassumono ciò che sta accadendo negli ultimi tempi. Il numero, oltre che l’importanza e la trasversalità, dei sostenitori dell’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione si sta facendo sempre più vasto, lo dimostrano gli interventi al nostro convegno di maggio, “Partecipazione. I lavoratori nella gestione delle imprese”: da Anna Finocchiaro a Francesco Carlesi, da Mimmo Carrieri a Pietro Ichino, da Luciano Pero a Sabino Cassese. Presente anche Luigi Sbarra, Segretario Generale della Cisl, molto attivo sul tema, che anche ieri ha rilanciato la proposta di legge di iniziativa popolare sulla materia al Meeting di Cl a Rimini, nell’obiettivo di «trasformare i rapporti sociali da un antagonismo novecentesco alla partecipazione, in un rapporto positivo tra lavoratore e impresa». Non possiamo, come sindacalisti dell’Ugl, prima Cisnal, che guardare con soddisfazione al numero sempre maggiore di sostenitori di quella che è stata, sin dall’inizio della storia della nostra sigla, una delle principali battaglie di riferimento portate avanti per edificare un’Italia fondata sulla giustizia sociale. Il fatto è che quella della partecipazione dei lavoratori dipendenti alla gestione ed agli utili delle imprese è un’idea giusta, particolarmente utile oggi, nel contesto di un’economia e di un’organizzazione del lavoro in trasformazione, tra globalizzazione, delocalizzazioni, digitalizzazione e superamento della tradizionale dicotomia fra lavoro dipendente e autonomo. Un’idea che, se attuata, può far bene al sistema produttivo italiano, alle nostre imprese ed alla loro competitività sui mercati mondiali, può incidere positivamente sulla qualità del lavoro e sulle retribuzioni dei dipendenti, può far nascere nuove e migliori relazioni industriali ed anche sociali. Con tutti gli importanti endorsement, anche oltre gli schieramenti politici, ad una visione per tanti anni marginalizzata, sembrerebbe finalmente arrivata l’ora per l’attuazione, dopo ben settantacinque anni dalla sua stesura, dell’articolo 46 della Costituzione, i tempi sono maturi.