Dati migliori, invece, sul versante del credito di imposta per la formazione

Già a settembre il governo sarà chiamato ad affrontare due dossier che hanno a che fare con la tenuta delle buste paga dei lavoratori. In primo luogo, le opposizioni chiederanno di tornare a parlare di salario minimo orario per legge. Da capire quale potrà essere il punto di mediazione che possa tenere insieme tutti gli attori, oggi divisi fra chi, come la Ugl e la Cisl, sostiene la centralità della contrattazione e chi, invece, vuole una soglia per legge, senza tener conto del fatto che ciò può portare alla disapplicazione dei contratti collettivi. La seconda questione riguarda il taglio del cuneo contributivo, oggi in via sperimentale, ma che il governo vorrebbe rendere strutturale. Intanto, anche l’ultimo monitoraggio di luglio conferma la poco uniforme diffusione degli accordi collettivi di secondo livello su base aziendale o territoriale. I contratti attivi, necessari per l’applicazione dell’aliquota di vantaggio sui premi di produttività, sono poco più di 12mila, mentre da quando è in vigore la norma ne sono stati depositati poco meno di 86mila. Fra quelli attivi, nel 72% dei casi si tratta di aziende del Nord, mentre appena il 10% è relativo al Sud, con un leggerissimo miglioramento. Circa 3,6 milioni i lavoratori che hanno beneficiato di questa opportunità. Più equilibrio, invece, per il credito di imposta sulla formazione, con 4.444 accordi, di cui il 39% al Nord e il 35% al Sud.