di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

La proposta di Matteo Renzi sull’elezione diretta del Premier riapre il dibattito su un tema identitario per il centrodestra. Garantire maggiore stabilità ai governi e quindi politiche più lungimiranti ed efficaci e rendere più stretto il legame fra elettorato ed istituzioni, anche per ristabilire un rapporto di fiducia e credibilità, che negli ultimi anni si era deteriorato a causa delle troppe manovre “di palazzo” che andavano in direzione opposta rispetto alla volontà della maggioranza dei cittadini italiani. Queste sono le ragioni di fondo per caldeggiare riforme istituzionali volte all’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Si guarda da tempo a questa prospettiva, soprattutto con l’idea di mantenere da un lato il ruolo del Quirinale, ma dall’altro cambiare le modalità di designazione dell’inquilino di Palazzo Chigi. Quindi non un presidenzialismo puro, con una sola figura al vertice delle Istituzioni, o l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, di cui pure si era parlato in passato, ma un doppio binario, con il mantenimento del ruolo super partes del Capo dello Stato e con il rafforzamento di quello politico del Presidente del Consiglio, più autorevole grazie alla novità, fondamentale, del mandato popolare diretto. Certo, l’agenda politica è intensa e ci sono molti problemi concreti da risolvere al più presto ed importanti sfide interne ed internazionali, ma uno stimolo a tornare presto sulla questione presidenzialista l’ha offerto Renzi, all’opposizione con la sua Italia Viva, che si trova, però, su una lunghezza d’onda simile a quella della maggioranza su questo tema specifico e che ha presentato in Senato una proposta di legge per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, che, secondo le intenzioni del leader di IV, potrebbe essere eletto dai cittadini al momento delle consultazioni politiche per il rinnovo del Parlamento e che avrebbe il potere di nomina e revoca dei ministri. Una proposta interessante, anche perché le riforme istituzionali dovrebbero per loro stessa natura derivare da accordi trasversali, capaci di coinvolgere più forze politiche possibili. Un punto d’inizio, perché una revisione della Parte II della Costituzione, per essere completa e non generare difficoltà di attuazione, come l’Ugl ha anche dichiarato nel colloquio sul tema con il ministro Casellati, dovrebbe essere accompagnata da altre riforme, come quella della legge elettorale, ad esempio assicurando la possibilità di esprimere una o più preferenze e come quella volta al superamento del bicameralismo perfetto, che potrebbe essere sostituito da una Camera dei Deputati come luogo di rappresentanza politica ed un Senato dedicato invece al territorio e alle categorie produttive. Nonostante le complesse contingenze politiche, sociali ed economiche, i tempi sembrerebbero maturi.