di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

I prezzi alti dei beni di consumo, in particolare quelli dei generi alimentari, stanno mettendo in difficoltà le fasce sociali più deboli della cittadinanza, che in questo difficile periodo hanno dovuto affrontare rincari su rincari. Per questo il governo sta pianificando una misura per affrontare la situazione tramite un coordinamento tra il ministero delle Imprese e del Made in Italy ed i rappresentanti della grande distribuzione e dell’industria alimentare, trattando per arrivare a un accordo sul «Trimestre antinflazione», che dovrebbe partire dal primo ottobre. Nelle intenzioni dell’Esecutivo e del ministro Urso, da ottobre a dicembre la spesa dovrebbe costare meno, grazie a un paniere di beni con prezzi calmierati, che dovrebbe essere definito da ogni singola impresa della Gdo. I supermercati che aderiranno all’iniziativa esporranno un bollino di Stato – a quanto sembra il logo scelto per questa campagna dovrebbe essere un carrello tricolore – per informare i consumatori sulle iniziative contro i rincari, ovvero promozioni, prezzi ribassati o bloccati su specifici generi alimentari, prodotti per l’infanzia e per la cura della persona, ed altro ancora, per arrivare a carrelli della spesa scontati. Un’iniziativa importante, se si pensa che l’inflazione ha comportato un aumento del costo della spesa delle famiglie stimato tra il 20%-30% e che solo nell’ultimo mese l’aumento è stato dell’11% su base annua, con un esborso per le famiglie di circa 850 euro in più. Nelle intenzioni del Ministero le imprese della grande distribuzione dovranno decidere se aderire entro la metà di settembre. Un progetto che si colloca nel contesto delle varie misure già avviate sul tema del caro vita, da quelle per le bollette al taglio del cuneo fiscale, fino alla social card. Un’iniziativa che stavolta, però, non contemplerebbe un sostegno di Stato alle aziende aderenti attraverso risorse economiche aggiuntive, ma dovrebbe essere a costo zero per i conti pubblici, lasciando spazio alle decisioni delle imprese su se e come aderire, facendo leva sul noto concetto di “responsabilità sociale delle imprese”. Vale a dire una politica aziendale che, soddisfacendo le esigenze di consumatori e comunità locale di riferimento – in questo caso specifico, in altri potrebbero essere i lavoratori, i fornitori, in generale i cosiddetti “stakeholders” – coniuga i valori etici ed i comportamenti virtuosi alle esigenze, vitali per le imprese stesse, di marketing, perché frutta in visibilità, affidabilità, fidelizzazione dei consumatori e quindi maggiori vendite. Una buona idea che speriamo ottenga i risultati sperati: aiutare, innanzitutto, la cittadinanza e soprattutto le persone in maggiore difficoltà che sono alle prese con il caro vita e stimolare anche i consumi e quindi il benessere generale, l’economia, l’occupazione, il sistema nel suo complesso.