di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Mentre si attendono sviluppi sui temi all’ordine del giorno nel mondo del lavoro, ovvero il protocollo per affrontare quelle ondate di caldo che si annunciano ricorrenti nel Paese e la questione dibattuta del salario minimo legale per i settori non coperti dalla contrattazione collettiva, restano sullo sfondo altre problematiche, altrettanto significative, che condizionano quantità e qualità della nostra occupazione. Ad esempio, c’è ancora molto da fare in Italia per colmare il gap tra uomini e donne, che pure sarebbe fondamentale arginare non solo per ragioni di equità, ma anche perché ne deriverebbe una crescita economica importante. Su questo tema oggi è stato pubblicato dal Sole 24 Ore un articolo interessante sui “paradossi del lavoro femminile” curato da Manuela Samek Lodovici e Renata Semenza. Paradossi intesi come contraddizioni ancora in atto nel nostro sistema, che generano situazioni capaci di condizionare in negativo il pieno ed efficace inserimento delle donne nel mondo del lavoro. Uno dei paradossi ai quali si riferisce il titolo dell’articolo consiste nel fatto che le donne hanno in media un’istruzione superiore a quella degli uomini, ma le resistenze culturali nei confronti delle materie scientifiche fanno sì che questi titoli di studio non siano “utili” ad una migliore occupazione. C’è una distanza ancora troppo marcata e che andrebbe colmata tra studentesse prima e lavoratrici poi rispetto alle materie cosiddette STEM, che, in un mondo del lavoro alla ricerca di competenze scientifiche per le occupazioni più stabili e retribuite, viene pagata in termini di riconoscimento professionale. L’occupazione femminile resta concentrata soprattutto nell’ambito dei servizi e del settore della cura alla persona, dove le retribuzioni medie sono più basse ed anche lo status sociale è inferiore. Il secondo paradosso consiste nel fatto che l’attenzione decisamente aumentata negli anni nei confronti delle pari opportunità non ha ottenuto nel concreto risultati significativi. Il terzo e più importante fra i paradossi citati consiste nella mancata soluzione del problema che in fondo è alla base di tutti gli altri: ovvero il rapporto fra “sfera del lavoro e sfera biologica o della vita, di cui le donne sono i soggetti protagonisti”. Paradosso su paradosso, questa lacuna non è stata colmata proprio in uno Stato come il nostro che si trova ad affrontare un gravissimo problema demografico legato al crollo delle nascite ed al parallelo invecchiamento della popolazione. Per affrontare alla radice la questione femminile nel mondo del lavoro non c’è altra strada che quella di investire in modo maggiore e più efficace nei servizi per l’infanzia, che andrebbero non solo potenziati, ma anche modernizzati e rapportati alla società ed al mondo del lavoro contemporanei, e nella conciliazione tra lavoro e vita familiare, da sostenere con tutti gli strumenti possibili. Un investimento necessario per tutta la nostra società, dal punto di vista economico, demografico, culturale.