Tante, ma ridotte

Le donne che percepiscono la pensione dall’Inps sono in maggioranza rispetto agli uomini, e ciò dipende da due fattori: la loro maggiore vita media rispetto agli uomini, e il fatto di poter percepire la pensione precocemente rispetto all’età pensionabile a causa della reversibilità. L’analisi dei dati dimostra che il 58% di esse ha due pensioni (molte anche tre), sia di reversibilità che di lavoro; che l’87% delle pensioni ai superstiti è percepito da donne; che anche il 59% dei trattamenti assistenziali (integrazioni al minimo per l’83% del totale e l’assegno sociale) sono erogate alle donne. Tutto ciò dipende dal minor tasso esistente in Italia dell’occupazione femminile pari al 55% della forza lavoro.

Possibili soluzioni

Oltre alla minore partecipazione al lavoro – in coda alla classifica troviamo il 30% di partecipazione alla forza lavoro della Sicilia -, un secondo grande ostacolo è rappresentato dall’abbandono del lavoro dopo il matrimonio o la maternità. Questa situazione, va modificata non solo favorendo certamente l’occupazione femminile ma soprattutto agevolando la prosecuzione della contribuzione volontaria per le donne in caso d’interruzione del lavoro per qualsiasi motivo, a cominciare dal matrimonio e dalla maternità, allo scopo di poter assicurare loro un’adeguata rendita nella vecchiaia senza bisogno di corrispondere prestazioni di tipo sociale. Aspetti dei quali si parlerà al tavolo ministeriale di settembre.