Alla ricerca di una nuova strategia in Italia e in Ue

Sulle materie prime critiche, non energetiche e non agricole, «esiste un rischio elevato di approvvigionamento», ha detto oggi il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, in audizione in commissione Industria al Senato. Le materie prime critiche «costituiscono fattori produttivi indispensabili per una vasata gamma di prodotti strategici», come le rinnovabili, il digitale, il settore dello spazio e difesa, la sanità. Il fatto è che per molte materie prime critiche «l’Ue dipende quasi esclusivamente dalle importazioni», visto che ne «acquista il 97% dalla Cina. Le terre rare pesanti sono raffinate esclusivamente in Cina, il 63% del cobalto mondiale è estratto in Congo e il 60% è raffinato in Cina». C’è di più: «il fabbisogno è destinato ad aumentare in modo esponenziale», perché legato «allo sviluppo e diffusione alle tecnologie necessarie per gli obiettivi di decarbonizzazione». «La circolarità dei materiali e il rafforzamento dell’efficienza possono attenuare, in una certa misura, il previsto aumento della domanda ma non risolvere il problema», ha ancora detto Urso. Interessante è sapere che, come Italia, «possediamo 16 delle 34 materie prime critiche», ovvero cobalto, nichel, litio, e «possiede rifiuti minerari abbondonanti». Due, le possibili strategie: estrarre le materie prime da miniere chiuse oltre 30 anni fa, perché «meglio fare una miniera di cobalto in Italia» che in Congo; la seconda, «fare dell’Italia il Paese leader in Europa nel riciclo di materie prime critiche. Possiamo farlo. Quindi fare di più di quanto abbiamo concordato in Europa, cioè il 20% entro il 2030», ha esortato tutti a riflettere il ministro Urso.