Licenziamento disciplinare
Nel ricorso definito successivamente con ordinanza n. 12241 del 9 maggio 2023, il lavoratore ricorrente ha addotto vari motivi a suo favore. Ha sostenuto che la pretesa datoriale di formazione era inesigibile in relazione alle sue concrete competenze. Inoltre ci sarebbe stato un vizio di motivazione per mancanza di un esplicito rifiuto di obbedire agli ordini datoriali. Non sarebbe stata valutata la documentazione prodotta in merito ai costi che il ricorrente avrebbe dovuto sostenere per la formazione. Infine viene contestato il giudizio di proporzionalità tra la contestazione e il provvedimento rescissivo, espresso senza considerare l’inquadramento contrattuale, l’anzianità di servizio (dieci anni), l’assenza di precedenti disciplinari, l’assenza di un esplicito rifiuto da parte del dipendente. La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal lavoratore affermando che la Corte d’Appello di Roma si è attenuta ai canoni giurisprudenziali attraverso cui sono state definite le nozioni legali di giusta causa, giustificato motivo soggettivo e di proporzionalità della misura espulsiva. È stata correttamente valutata la gravità dell’insubordinazione realizzata dal dipendente, senza alcuna giustificazione, in modo persistente e volontario, in aperto contrasto con l’obbligo di diligenza e di esecuzione delle disposizioni dettate dai superiori gerarchici, anche riferite alle esigenze di formazione e accrescimento professionale necessarie per il proficuo impiego del dipendente. Non risultano violate le disposizioni del contratto collettivo.