Le parole pronunciate dal leader della Cgil, Maurizio Landini, in merito alla necessità di applicare, una volta per tutte, i principi contenuti negli articoli 36 e nell’articolo 39 della Costituzione attraverso una legge che conferisca validità generale ai contratti nazionali di lavoro al fine di contrastare i cosiddetti contratti pirata firmati da soggetti i quali, secondo la Cgil, non hanno alcuna rappresentanza, fanno seguito alle dichiarazioni di due giorni fa del segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, sulla differenza di valori e principi, secondo lui esistente, tra le organizzazioni sindacali confederali e autonome, sono mirate più ad aumentare le frizioni “intersindacali” e a “bombardare” il metodo del dialogo sociale scelto dal Governo Meloni, che a migliorare il mondo del lavoro e la condizione di milioni di lavoratrici e lavoratori.
Il richiamo all’articolo 36 e cioè «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa…» serve ad avvalorare la tesi piuttosto contraddittoria e incoerente, per coloro che come Landini e Bombardieri firmano tutti i contratti di lavoro, che sia necessaria una legge sul salario minimo per garantire una retribuzione dignitosa a tutti i lavoratori, stante l’esistenza di un’altra liberta costituzionale che è quella economica, «privata e libera», ma condizionata, giustamente, a non andare in contrasto «con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Principi, questi ultimi, difesi sia in moltissime leggi sia negli stessi contratti collettivi di lavoro. Quanto all’articolo 39 che è, prima di tutto, sulla libertà sindacale, non esiste un sindacato che più dell’UGL ne sia convinto assertore, insieme all’articolo 18 Cost. e all’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, perché è grazie ad essi se ha potuto, in 73 anni di gloriosa e travagliata storia, difendere e più volte riaffermare il proprio diritto ad esistere e a rappresentare quelle lavoratrici e quei lavoratori che non si riconoscono nella visione conflittuale, fondante in altri sindacati, del rapporto tra capitale e lavoro. L’Ugl non è neanche contraria a quell’«ordinamento interno a base democratica», contenuto nell’articolo 39, purché non sia mirato ad escludere.
Detto ciò e sempre nel rispetto della libertà di ogni organizzazione sindacale di contestare atti, riforme e scelte di qualsiasi governo, viene da chiedersi se le sigle che in questo momento stanno impugnando come una clava il salario minimo orario per legge siano davvero consapevoli di quali nefaste conseguenze quella legge potrà avere sui contratti collettivi di lavoro e sulle relazioni sindacali e, fatto non secondario, sui diritti faticosamente conquistati in decenni di battaglie, alle quali tutti abbiamo contribuito, dalle lavoratrici e dai lavoratori.

di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl