L’articolo 11 del decreto legislativo 36/2023 necessita di un attento approfondimento. Inserito nella prima parte del nuovo Codice dei contratti pubblici, l’articolo detta un principio fondamentale, quella della applicazione dei contratti collettivi di settore. Al comma 1, si impone che al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni sia applicato il contratto nazionale e territoriale, stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, tenendo conto dell’ambito di applicazione strettamente connesso all’attività dell’appalto o della concessione. Gli stazioni appaltanti e gli enti concedenti, per tale ragione, indicano il contratto collettivo applicabile. Gli operatori economici, però, possono indicare un differente contratto collettivo purché lo stesso garantisca ai dipendenti le medesime tutele di quello indicato dalla stazione appaltante. Prima dell’avvio dell’affidamento, l’operatore economico dichiara di applicare il contratto collettivo indicato o quello equivalente. Molto importante il comma 5, per effetto del quale spetta alla stazione appaltante verificare che le medesime tutele siano applicate e garantite anche in caso di subappalto. A maggior tutela del lavoro dipendente, compreso quello dei dipendenti della ditta in subappalto, in caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di irregolarità contributiva, il Durc, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi e, se previsto, alla cassa edile. È prevista una ritenuta dello 0,5%. In caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni, il responsabile unico del progetto invita, per iscritto, a provvedere entro quindici giorni. In mancanza di risposta, la stazione appaltante paga anche in corso d’opera direttamente i lavoratori con successiva rivalsa sull’inadempiente.