La Bce ieri ha dichiarato inequivocabilmente che non sa dire quando la stretta sui tassi di interesse cesserà, perché, nonostante l’inflazione stia dando segnali di diminuzione, non è chiaro se la stessa abbia raggiunto o meno il suo picco, per poi diminuire. Non è altrettanto chiaro per la stessa Bce quanto tempo ancora ci vorrà, quante strette, una dopo l’altra, serviranno a mitigare l’inflazione di fondo e le pressioni sui prezzi che per Francoforte restano ancora molto alte. Non solo, la presidente Lagarde ha sollecitato i governi dell’area euro a ritirare «tempestivamente e in modo concertato» le misure di sostegno relative alla crisi energetica in vista del suo attenuarsi, onde evitare che i sostegni aumentino le pressioni inflazionistiche a medio termine. Allo stesso tempo, ha ammesso che la domanda interna, in particolare i consumi, rimane debole. Sarà davvero opportuno, allora, ritirare tali sostegni? Anche perché, come ammesso dalla stessa Bce, nel 2022 alcuni settori – agricoltura, edilizia, ristorazione, trasporti – sono riusciti a scaricare sui consumatori l’aumento dei costi che si trovavano a gestire, mantenendo i loro margini, spingendo il rincaro dei prezzi oltre il dovuto. Fenomeno che si è attenuato, avvisando che «però non si deve arrivare a una spirale di ritorsioni reciproche, alzando i salari dopo l’aumento dei margini». La Bce chiede quindi agli Stati di intervenire nel dialogo tra le parti sociali. Che cosa vuol dire? Che i consumatori e, tra di essi, soprattutto i lavoratori dipendenti, rischiano di ritrovarsi due volte beffati: la prima perché su di essi alcune aziende hanno scaricato i loro costi. La seconda perché, detto tra le righe, gli Stati devono esercitare pressione affinché i salari non vengano aumentati?
Ma c’è anche un altro rischio, confermato dal presidente dell’Associazione delle Banche Italiane, Antonio Patuelli, e cioè che l’industria potrebbe essere teatro di prossimi futuri fallimenti. L’Abi ha avvisato però che le banche non potranno dare soldi a pioggia ad alcuno. La stretta, quindi, si fa sempre più stretta, anche per le banche e durerà a lungo, visto che l’obiettivo è far tornare l’inflazione al 2%. Siamo certi che con il perdurare della crisi delle materie prime, con una guerra alle porte d’Europa, che non accenna a diminuire, e con una transizione ecologica-tecnologica molto impattante che lascerà sul terreno milioni di posti di lavoro, sia possibile riportare l’inflazione al tasso del 2%?
L’altro punto è, come ha ammesso sempre Patuelli nella sua intervista a Repubblica, che, a sua volta, anche la stretta dei tassi è avvenuta in modo troppo brusco. Con il rischio che, per abbassare l’inflazione, si inneschi una spirale recessiva senza ritorno.

di Francesco Paolo CaponeSegreterio GeneraLE Ugl