di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Un terribile fatto di cronaca, il brutale omicidio di Giulia Tramontano e del bambino di sette mesi che aspettava, caso particolarmente agghiacciante, spinge a riflettere sul tema dei femminicidi e su come affrontare meglio un problema molto grave nel nostro Paese. In Italia, secondo l’ultimo rapporto sugli omicidi volontari del Servizio analisi della Direzione centrale della polizia criminale, dal primo gennaio al 28 maggio del 2023 sono stati compiuti 129 omicidi, dei quali 45 hanno avuto come vittima una donna. Fra queste, 37 uccise nell’ambito familiare o delle relazioni affettive, 22 per mano del partner o dell’ex partner. Per quanto riguarda l’anno passato, in base ai dati del ministero dell’Interno, nel 2022 in Italia sono avvenuti 319 omicidi di cui 126 con vittime di sesso femminile, una percentuale di circa il 39%. Se i casi con vittime di sesso maschile possono avere i moventi più disparati, nel caso delle donne il delitto avviene nella gran parte dei casi in un contesto affettivo. C’è poi il problema delle denunce: come ricorda l’Istat vengono segnalate solo il 12,2% delle violenze perpetrate dal partner e il 6% di quelle commesse da altre persone. Per cercare di arginare il fenomeno odioso del femminicidio è fondamentale intervenire subito, convincendo le donne a denunciare il prima possibile gli episodi di violenza, onde evitare che si arrivi all’epilogo peggiore, ma, una volta raccolte le segnalazioni, bisogna fare in modo che le donne siano effettivamente protette dai propri aguzzini. Del problema ha parlato il ministro Piantedosi in un’intervista a La Stampa, nella quale il titolare degli Interni ha annunciato un potenziamento dei mezzi di prevenzione, con l’idea di aumentare l’utilizzo del braccialetto elettronico, ma non solo, anche di diffondere maggiormente la conoscenza dei centri antiviolenza che operano sul territorio, mettendo meglio in contatto le donne che denunciano con questi enti. Un’azione politica e normativa che dovrebbe essere, nelle intenzioni del Governo, il più possibile trasversale, coinvolgendo ed ascoltando tutte le forze politiche per arrivare alle soluzioni migliori al fine di combattere un fenomeno in drammatica crescita in Italia. Un lavoro anche di tipo culturale. Prevenzione e repressione – pur se ovviamente necessarie – non sono infatti sufficienti ad affrontare il fenomeno della violenza contro le donne, che, come ricorda il ministro, non è un fenomeno solo individuale, ma anche, data la sua entità, sociale. Una cultura di prevaricazione da combattere, dal nostro punto di vista sindacale, anche nel mondo del lavoro, promuovendo una piena inclusione femminile, a livello non solo quantitativo ma anche qualitativo, attraverso strumenti che rendano effettive le pari opportunità, per difendere in ogni ambito, lavoro compreso, la dignità delle donne.