di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Se ne parla da tempo e oggi, dopo quanto accaduto in Emilia-Romagna, ancora di più: la necessità di una “svolta green” per il Paese. Importante, però, anzi fondamentale, per non generare incomprensioni e distorsioni dei fatti, distinguere due elementi della questione ambientale, completamente diversi fra loro. Da un lato si avverte la necessità, ormai improcrastinabile, anche a fronte dei recenti drammatici fatti, di una diversa e migliore gestione dell’ambiente nel quale viviamo, dal problema di un’accurata e costante manutenzione del territorio al tema dell’eccessivo consumo di suolo. In questo ambito l’Ugl ha chiesto da tempo un’operazione imponente di messa in sicurezza del territorio nazionale. Dall’altro lato, poi, c’è l’ampia materia della green-economy, che richiede, invece, qualche riflessione in più, da molti punti di vista, nel timore che questa transizione, senza opportune correzioni, si riveli tutt’altro che favorevole per il Paese. Si pensi al settore delle auto elettriche. Qualche tempo fa aveva lanciato il sasso, nello stagno di una “narrazione”, come spesso accade, poco approfondita, il ministro dell’ambiente Pichetto Fratin: «In Italia circolano 40 milioni di auto, di cui milioni sono euro 1 o euro 2 e pensare di sostituirle con l’elettrico è inimmaginabile», così il ministro, che aveva chiarito il perché delle sue perplessità, derivanti da dati oggettivi. Ad esempio la mole di investimenti necessaria per rendere accessibili le infrastrutture di ricarica, le “colonnine”, ma anche l’incognita sulla quantità di energia per alimentare un parco di auto elettriche molto maggiore di quello attuale. Non solo, c’è poi il costo delle stesse auto, ancora troppo elevato, inaccessibile per la classe media, nonostante gli incentivi pagati alle case automobilistiche dallo Stato per abbassare i prezzi delle vetture per il consumatore. Un costo che non scende, per i modelli più economici, sotto i 20mila euro, al quale sarebbe da aggiungere l’aumento anche dei tassi di interesse per i finanziamenti all’acquisto. Sul tema incentivi, poi, il ministro ha aggiunto che sostenerli sarebbe impossibile per le casse pubbliche se le vendite di auto elettriche dovessero aumentare esponenzialmente, in vista della scadenza europea del 2035, anno a partire dal quale all’interno dell’Unione dovrebbe essere vietato produrre e vendere veicoli a benzina e diesel. Se non ci saranno novità, lo scenario potrebbe essere quello di un passo indietro a livello sociale: dal modello fordista nel quale gli operai potevano permettersi le auto che producevano a un mondo nel quale ci saranno pochi possessori di auto elettriche, non solo ricchi, quindi, ma anche considerati più rispettosi dell’ambiente, e tanti poveri, costretti ad usare finché possibile le auto vecchie, dovendo così anche sopportare una sorta di stigma “morale”. Una situazione paradossale, un po’ simile a quella verificatasi col bonus 110% per le ristrutturazioni, del quale in molti casi ha usufruito la classe più abbiente, ora non solo meglio climatizzata, a spese dello Stato, ma anche considerata più “eco-friendly”.