di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

I ragazzi che non lavorano e non studiano, detti con un acronimo anglosassone Neet, in Italia sono tanti, troppi, anche nel confronto con gli altri stati europei, tanto che alcuni osservatori hanno definito questo come un fenomeno soprattutto italiano. E lo confermano i dati, sia dell’Istat che dell’Eurostat, che attestano nel nostro Paese una presenza diffusa e preoccupante di ragazzi esclusi o autoesclusi sia dal mondo dell’istruzione che da quello del lavoro. Nel dettaglio, di tutta la classe d’età compresa fra i 15 ed i 34 anni, circa il 25%, ossia uno su quattro, è un Neet, per un totale di tre milioni di giovani. Moltissimi i ragazzi che hanno deciso di non completare il percorso di studi, fermandosi al massimo alla licenza media, ovvero il 12,7% del totale, oltre 500mila ragazzi, soprattutto maschi e soprattutto nel Mezzogiorno. Numeri impressionanti, specie al confronto con gli altri stati dell’Unione europea. La media Ue infatti è decisamente più bassa: solo il 13% dei ragazzi europei è Neet. Anche al confronto con gli Stati posizionati nella parte inferiore della classifica dell’inclusione lavorativa o formativa dei giovani, il nostro Paese spicca in negativo. I due Stati nelle peggiori condizioni in Europa, ovvero Grecia e Spagna, possono infatti vantare numeri decisamente migliori dei nostri. La Grecia, penultima nella classifica, conta infatti poco più del 17% di Neet nella classe d’età 15-34 anni, mentre la Spagna, terzultima, il 14%. Numeri che chiariscono ulteriormente la gravità della situazione italiana. I motivi di questa situazione, sempre gli stessi: un percorso scolastico troppo sbilanciato sulla teoria a dispetto della pratica e un mondo del lavoro poco attraente ed inclusivo. È necessario, quindi, cambiare una situazione che, se oggi appare drammatica, nel futuro, per questi cittadini, adesso ancora affiancati dalle famiglie d’origine, potrebbe rivelarsi disastrosa, ed anche per la società nel suo complesso. Alla luce di tutto questo, il nostro sindacato ha accolto positivamente gli incentivi previsti dal decreto Lavoro per le imprese che assumono giovani under 30 disoccupati e non inseriti in un percorso di studio o formazione, poiché si tratta di una misura che cerca di intervenire concretamente su questa criticità che riguarda le nuove generazioni di italiani. Si tratta, infatti, di un valido strumento diretto a contrastare proprio questo preoccupante fenomeno. Le imprese potranno usufruire per un anno del bonus pari al 60% della retribuzione e cumularlo allo sgravio contributivo previsto a favore di chi assume giovani under 36. Si tratta di misure che vanno nella direzione auspicata dall’UGL in quanto orientate a incentivare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro incoraggiando altresì, il ‘match’ tra domanda e offerta di impiego. L’Italia ha un fabbisogno enorme di personale e di politiche attive del lavoro. In tal senso, è fondamentale puntare sulla formazione dei lavoratori e non soltanto sui meri sussidi. Ne va non solo del futuro di questi giovani, ma della tenuta economico-sociale dell’intero Paese.