di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Ormai la notizia è ufficiale, Fabio Fazio lascerà la Rai per andare a lavorare altrove. Un avvenimento di costume, che da noi invece è diventato un “caso politico”, con la sinistra in subbuglio e la destra entusiasta del cambiamento. Già questo sarebbe sufficiente ad una riflessione: evidentemente l’artista e conduttore, nella sua lunga carriera nell’azienda pubblica, ha dato un’impronta ideologica talmente chiara ed evidente al proprio lavoro da far nascere non tanto dei fan, quanto dei veri e propri sostenitori o avversari. In altri casi, anche di noti artisti televisivi, infatti, un contratto in scadenza non rinnovato non ha provocato simili dibattiti. E la dichiarazione dello stesso Fazio, di non essere adatto “per tutte le narrazioni”, non fa che confermare il suo essere un artista schierato. Come tanti, troppi altri, nel contesto di un’asfissiante politicizzazione tutta di sinistra che negli anni recenti ha dominato non solo buona parte dei programmi di approfondimento, ma anche dell’intrattenimento targato Rai, come abbiamo denunciato già da tempo su queste pagine. Un’occupazione militante dello spazio pubblico che certamente non poteva durare a lungo e che doveva essere in qualche modo bilanciata, per rispondere alle esigenze di tutti, e non solo di una parte, dei telespettatori e contribuenti, anche data la natura particolare dell’emittente di Stato. Giusto, in ogni caso, ricordare le qualità di Fazio e i suoi ascolti, certamente segno di capacità. Anche vero, però, che non tutti gli artisti hanno avuto le stesse opportunità di farsi conoscere, di godere della cassa di risonanza naturalmente offerta dalla Rai presso il pubblico italiano e quindi di crescere professionalmente. Ora, certamente, il conduttore, con già un nuovo contratto per i prossimi anni, potrà sottoporre le sue indubbie qualità alla prova del libero mercato. E magari sulla Rai troveranno spazio altri volti, compresi quelli di artisti che spesso restano ai margini perché meno conformi al mainstream culturale italiano. C’è, infine, da dire anche qualcos’altro sul “caso Fazio”: a quanto sembra la rottura non è stata una sorta di epurazione di matrice governativa, ma una decisione tutta interna alla Rai, con anche uno strascico di polemiche in corso fra i vertici vecchi e nuovi dell’azienda. Una vicenda che suona simile a quella dell’esclusione del fisico Rovelli dalla Fiera del Libro, anche in quel caso non per volontà della destra, ma per decisione del commissario italiano per l’evento ed ex politico del Pd Ricardo Franco Levi. Con il dubbio se sia trattato, in entrambi i casi, di una preventiva e non richiesta captatio benevolentiae nei confronti della nuova maggioranza da parte di personalità ad essa finora esterne o contrarie, oppure, invece, di un un modo per provocare polemiche ed accuse di censura. Staremo a vedere.