di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Le esternazioni di alcuni esponenti della maggioranza francese sul nostro governo in tema di immigrazione – come quella di Séjourné, segretario di Renaissance, il partito di Emmanuel Macron, che ha definito la politica italiana sulle migrazioni “ingiusta, disumana e inefficace” o del ministro dell’Interno Darmanin che ha giudicato la stessa Meloni “incapace” di controllare il fenomeno – certo non fanno bene al clima politico che si respira in Europa e sono anzi piuttosto inopportune. Forse è vero come ha detto il Presidente del Consiglio Meloni che certe dichiarazioni vanno interpretate e “disinnescate” guardando ai problemi interni della Francia. Con Macron da un lato alle prese con continue e importanti manifestazioni di protesta, che si erano interrotte solo durante il periodo della pandemia e che ora sono riprese in grande stile sulla questione della riforma previdenziale, e dall’altro costretto a confrontarsi con l’avversaria di sempre, Marine Le Pen. E, tuttavia, anche se questa è una spiegazione piuttosto credibile delle recenti provocazioni, che hanno persino portato il nostro ministro degli Esteri Tajani ad annullare un incontro con la sua omologa parigina, ciò non rende il comportamento accettabile. Non solo nel merito, ma anche e soprattutto nel metodo. Nel merito perché non si rende giustizia ad un Paese come il nostro, in prima linea sul fronte delle migrazioni, che cerca faticosamente di affrontare il problema cercando di salvaguardare, a volte con estrema difficoltà, le esigenze umanitarie da un lato e quelle di legalità e sicurezza dall’altro. Ma anche e soprattutto nel metodo. Perché si è scelto di intervenire nella politica interna di un altro Stato, amico e alleato, e già questo sarebbe sufficiente, ma anche per un’altra ragione: sul tema delle migrazioni dovrebbe cambiare completamente il paradigma di riferimento, iniziando a comprendere che la questione non è solo italiana, ma europea. Per tante ragioni, dagli accordi datati di Dublino alle responsabilità che derivano dal far parte dello spazio di Schengen, fino alla presenza di Ong che molto spesso battono bandiera di diversi Stati dell’Unione, Francia compresa, ma si dirigono costantemente verso le nostre coste. È troppo facile trincerarsi dietro le imposizioni dettate dalla geografia, che ha posto l’Italia al centro del Mediterraneo e delle rotte migratorie, quando nel concreto non si vede un impegno sufficiente per aiutare il nostro Paese in uno sforzo che si sta facendo di anno in anno più difficile da portare avanti. Il problema è comune e lasciare sola l’Italia, per di più stigmatizzandone ogni tentativo di cercare di risolvere la situazione, alla lunga si rivelerà dannoso per tutti. A Bruxelles sembra che qualcosa stia cambiando e ora dovrebbe cambiare anche l’atteggiamento di Parigi.