di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Tutto sta cambiando in ogni campo e, come accaduto per la globalizzazione, i tentativi scelti o immaginati per arginare il cambiamento appaiono vacui.
Un giorno, la scorsa settimana, Geoffrey Hinton, il “padrino dell’Intelligenza artificiale”, sbatte la porta, lasciando il suo ruolo in Google, per poter parlare liberamente dei rischi dell’Intelligenza Artificiale e avvertire il mondo che «in questo momento, non sono più intelligenti di noi», «ma presto potrebbero esserlo». Un altro, il sondaggio “Trustworthy AI”, realizzato da Deloitte in collaborazione con ABI Lab, Centro di ricerca per l’innovazione del settore bancario, e SIpEIA, Società Italiana per l’Etica dell’Intelligenza Artificiale, racconta che per circa 9 aziende italiane su 10 l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale sarà fondamentale per restare competitive sul mercato durante i prossimi anni. Ricerca condotta, badate bene, su 47 imprese nazionali e multinazionali, con la maggioranza di esse poco mature in termini di utilizzo e etica dell’IA. Nel frattempo, il 40% delle aziende in Italia ha già implementato soluzioni IA in fase di produzione, mentre il 23% sono in fase di sperimentazione. Obiettivo, per il 34% ridurre i costi, per il 33% ottimizzare i processi decisionali, per il 27% migliorare i prodotti e servizi esistenti.
A Bruxelles, con l’Artificial Intelligence Act, messo a punto dai relatori delle commissioni Mercato interno (Imco) e Giustizia (Libe), che verrà votato giovedì – e di cui l’agenzia di stampa Policy Europe ha preso oggi visione -, si sta tentando di porre un argine alle Intelligenze Artificiali proibite, ai sistemi di categorizzazione biometrici discriminatori e ai sistemi che, per espandere i loro database di riconoscimento facciale, effettuano scraping (“pescare dati dalla rete”) non mirati di immagini facciali dai social. Oltre a specificare meglio i prodotti, i relatori puntano ad aggiungere nuove tipologie di tecnologie di cui saranno vietate l’immissione sul mercato, la messa in servizio o l’uso. Se si fanno salve le applicazioni a fini terapeutici di alcune di queste tecnologie, si intende vietare sempre, senza eccezioni, l’uso di sistemi di identificazione biometrica remota “in tempo reale” in spazi accessibili al pubblico. Basterà?
Il dubbio può sorgere pensando che Ibm ha già deciso di sospendere annunci di lavoro e assunzioni in ruoli che possono essere svolti da Intelligenza Artificiale; che per la multinazionale nei prossimi 5 anni potrebbero saltare 7.800 assunzioni e che nell’area back office, dove attualmente sono impiegate circa 26 mila persone, l’IA ne andrebbe a rimpiazzarne il 30%.
Forse si sta commettendo, come per la transizione ecologica, un errore di prospettiva e cioè che sia sufficiente, per mettersi al riparo, costruire un baluardo soltanto in Europa.