di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

L’Ugl ha accolto con grande soddisfazione il nuovo taglio del cuneo fiscale in sostegno dei dipendenti con stipendi medio-bassi, sancito nel CdM dello scorso primo maggio. Del resto impossibile, a rigor di logica, fare diversamente per chi ha il ruolo di difendere i diritti dei lavoratori. Ciò non toglie che ci siano altri passi da fare per migliorare la situazione di chi lavora e di chi vorrebbe lavorare in Italia, ed anche delle imprese e del complessivo sistema produttivo, pur comprendendo le esigenze di bilancio e quindi la necessità di scadenzare gli interventi. Abbiamo già espresso, ad esempio, il punto di vista della nostra sigla sulla questione Opzione donna. Oggi, poi, è stato pubblicato su La Repubblica un articolo su un altro tema: l’uso e l’abuso del lavoro straordinario nel nostro Paese, in confronto a quanto accade negli altri Stati dell’Ue, sulla base degli ultimi dati Eurostat. Le cause sono da un lato l’alto costo del lavoro per le imprese, che fa evitare a molte aziende nuove assunzioni anche quando la mole di cose da fare lo richiederebbe, dall’altro il problema ricorrente della formazione, rendendo preferibile chiedere di lavorare qualche ora in più a chi è già esperto piuttosto che puntare sull’addestramento di nuovo personale. Una questione da risolvere, perché l’impegno oltre le 40 ore settimanali va a scapito del riposo e della vita personale, con importanti ripercussioni sulla salute e sicurezza sul lavoro. Questa formula, inoltre, impedisce nuove assunzioni, quindi la crescita dell’occupazione, bloccando quel ricambio generazionale che alla lunga giova non solo ai ragazzi in cerca di lavoro, ma anche alle stesse aziende per restare produttive ed efficienti. Venendo ai numeri, l’Eurostat ha certificato che su un totale di circa 23 milioni di occupati, 2,7 milioni lavorano oltre le 50 ore settimanali, il 25% in più rispetto al limite previsto dalla legge, con il nostro Paese superato in questa classifica solo da Islanda, Grecia, Francia e Cipro. Circa un lavoratore su dieci e precisamente il 9,4% del totale. Uno spaccato del mondo del lavoro italiano molto diverso rispetto a quello di altre importanti economie europee: in Germania la percentuale è del 6%, in Olanda del 5,8%, con quote che scendono ulteriormente nei Paesi dell’Est. Il che fa comprendere come, data la situazione, difficilmente possa considerarsi attuabile da noi il progetto della settimana cortissima di 4 giorni di cui si parla ultimamente, che troverebbe poco spazio nelle tante realtà nelle quali la mole di lavoro è sovradimensionata rispetto al numero dei lavoratori, rendendo così indispensabile il ricorso al lavoro straordinario. Non considerando le figure manageriali, il fenomeno riguarda soprattutto gli autonomi, con la presenza in Italia di molte piccolissime imprese che non riescono ad assumere a causa dell’elevato costo del lavoro e delle le partite Iva di fatto dipendenti da un mono committente, ed il lavoro dipendente privato, in particolare gli impiegati specializzati nel settore agricolo e gli addetti ai servizi e alle vendite.