di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese ultimamente si sente parlare sempre più spesso. E ci sono valide ragioni per credere che stavolta potrebbe trovare attuazione quell’articolo 46 della Costituzione rimasto sulla carta per decenni, portando a compimento uno degli obiettivi che l’Ugl, prima Cisnal, si era posta fin dalla propria fondazione, come meta da raggiungere per una democrazia economica compiuta. Oggi sull’argomento c’è, ad esempio, un articolo su Avvenire, a firma di Stefano Zamagni, che illustra le «ragioni economiche e politiche a favore della partecipazione dei lavoratori». Distinguendo fra una forma “hobbesiana”, ovvero quella limitata ad informazione e consultazione, al massimo condivisione di parte degli utili dell’azienda, ed una di tipo “rinascimentale”, che poi sarebbe la partecipazione propriamente detta, quella che prevede una cogestione, un coinvolgimento pieno e strutturato dei lavoratori nelle scelte dell’impresa. Comprendendo, il giornalista cita anche Aristotele nelle sue argomentazioni, che se il lavoro è un vero e proprio bisogno umano fondamentale, cosa ancor più vitale persino dei diritti, è giusto e sacrosanto che le scelte aziendali, l’organizzazione, il modello di produzione che determinano la vita di un’impresa e quindi il lavoro dei dipendenti non spettino solo a chi detiene il capitale, ma anche, stabilendone forme e modalità, a chi presta la propria opera, dato che entrambi questi fattori sono essenziali e complementari per la produzione stessa. Altrimenti il lavoro viene di fatto ridotto, come spesso avviene, a merce. Inoltre, alla base della validità del modello partecipativo, Zamagni pone un’altra questione, più contingente: la digitalizzazione dell’economia, il fenomeno della Great Resignation, le dimissioni di massa, specie dei giovani e soprattutto di quelli istruiti, non tanto per questioni economiche quanto di gestione del proprio tempo, i mutamenti nella produzione, la necessità per le aziende di modernizzarsi, dato che – specialmente in alcuni settori – sono stati ormai superati i modelli tayloristi o fordisti, sorpassata la rigida separazione fra lavoro dipendente e autonomo, fra lavoro esecutivo e creativo, e quindi sono necessarie nuove forme di gestione e coinvolgimento del personale, anche solo per mantenere e migliorare la propria produttività. Un’analisi interessante che mostra come finalmente qualcosa si stia muovendo in modo significativo nel lento viaggio del Paese verso l’attuazione dell’articolo 46, per un nuovo patto fra capitale e lavoro. Un viaggio che noi dell’Ugl avremmo voluto più spedito, ma che comunque accogliamo con grande favore, non per autoincensarci sull’esattezza delle nostre proposte, ma perché sappiamo, abbiamo sempre saputo, che a trarne giovamento saranno i lavoratori, le imprese, l’economia e la società italiane.