Le scelte attese e temute di Fed e Bce sui tassi di interesse. L’inasprimento per i prestiti alle imprese e per l’acquisto di abitazioni è stato più forte di quanto previsto

C’è attesa per ciò che decideranno tra oggi e domani Fed e Bce. Partiamo dalla seconda, posto che la Bce ha scelto un approccio “riunione dopo riunione” invece di una “forward guidance” cioè di indicazioni prospettiche, con un’inflazione in Italia tornata a crescere ad aprile all’8,3% e in accelerazione nell’Eurozona al 7%, la banca centrale europea sceglierà inevitabilmente un nuovo rialzo dei tassi di interesse. Secondo Il Sole24Ore situazione economica e inflazione possono giustificare addirittura un rialzo da 50 punti base, ma è probabile che, per salvaguardare gli equilibri politici, il ritocco possa attestarsi a soli 25 punti base. La Fed, da parte sua, si trova a contrastare diversi problemi aggiuntivi e potrebbe, sì, continuare ad alzare i tassi, ma annunciare la fine della stretta, forse anche per il mese di giugno, dichiarandolo nella riunione di fine maggio. Non è facile decidere quando fermarsi ed è anche per questo che la Bce adotta il metodo “riunione dopo riunione”, per evitare errori di prospettiva e mediatici, ma così scontentando tutti, in primis gli operatori economici, costretti, a loro volta, a navigare “riunione dopo riunione”, cioè a vista, insieme alla Bce. Non il massimo se si ragiona in termini di investimenti, di produzione e di occupazione. Se anche per gli Usa il principale punto di riferimento sono le aspettative di inflazione, c’è tuttavia molto altro da considerare: First Republic Bank, la cui crisi per un mese ha condizionato i mercati mondiali, riaprirà con l’insegna “Jp Morgan”, che l’ha rilevata per poco più di 10 miliardi. Il suo fallimento arriva poco dopo il crac di Silicon Valley Bank e precede il crollo di altre due banche regionali, PacWest e Western Alliance, sprofondate a Wall Street a -20%. Oltre alla crisi del credito e all’inflazione, negli Usa è tornato alla ribalta il nodo del debito: per Janet Yellen, segretario al Tesoro americano ed ex presidente della Fed, gli Usa potrebbero dichiarare default il 1° giugno se il Congresso non alzerà o sospenderà il limite del debito, diventato sempre più caro e arrivato al 5%. Il tonfo di ieri del prezzo del petrolio – i futures sul greggio WTI scesi di oltre il 4% a 72 dollari al barile, il minimo in cinque settimane – si spiega proprio a causa dei timori di una potenziale recessione innescata dagli imminenti aumenti dei tassi di interesse da parte delle principali banche centrali.