Anche l’Occidente guarda soprattutto alla Cina per favorire il dialogo tra Mosca e Kiev, ma sullo sfondo rimane il nodo Taiwan

La guerra in corso in Ucraina ha rimarcato alleanze strategiche e divisioni a livello mondiale. Mentre sul terreno proseguono le azioni militari, in attesa della (di fatto annunciata) controffensiva delle forze di Kiev, il cui scopo sarà quello di riconquistare i territori occupati dai russi, la comunità internazionale è alle prese con una serie di iniziative volte a favorire il dialogo tra le parti e ad avviare negoziati di pace. Ciò avviene in un quadro ad ogni modo complicato, poiché né i russi né gli ucraini sembrano al momento disposti a rinunciare ai propri obiettivi, per quanto nella sua missione in Brasile dei giorni scorsi il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, abbia affermato che Mosca è interessata a porre fine al conflitto in Ucraina il prima possibile. Oltretutto, va anche ricordato, i tentativi di conciliazione avviati già all’inizio dell’invasione russa non hanno prodotto fin qui risultati concreti. La Cina rimane l’attore più corteggiato. Quella tra Pechino e Mosca è un’alleanza di tipo strategico, che prevede una sempre maggiore cooperazione in un’ottica che molti analisti hanno definito in più occasioni “anti-occidentale”. Ma a ben vedere, anche l’Occidente, nonostante le divergenze, nutre un certo interesse affinché la Cina si impegni in un processo che induca la Russia a mettere fine al conflitto (e la Cina ha affermato di sostenere il riavvio dei colloqui di pace). Protagonista di questa visione è Emmanuel Macron: già il recente viaggio a Pechino era stato un assaggio del principio che lo anima, ma negli ultimi giorni è emerso il progetto di coinvolgere in prima linea la Cina, su cui Parigi punterebbe per avviare negoziati già in estate. Tuttavia lo schema francese appare a tratti scomodo e in parte divide l’UE. Sullo sfondo, infatti, c’è la questione di Taiwan, le cui autorità sono sempre più timorose riguardo la possibilità di un attacco – difficile stabilire ora quanto realistico o imminente – da parte dei cinesi. E questo nodo complica, al netto della “dottrina Macron” sull’opportunità di mantenere al riguardo una “autonomia strategica”, non poco le cose. L’ultima riunione dei ministri degli Esteri del G7 in Giappone si è conclusa con l’attacco diretto di Pechino, che ha accusato il gruppo di «calunniare» e «diffamare» la Cina sulla vicenda. Da sempre la Cina considera quello di Taiwan un suo affare interno e non ammette interferenze straniere. Ragione per cui il futuro dell’isola è, specie in questo momento, un motivo di scontro diplomatico con gli Stati Uniti. Fuori dall’Europa, il Brasile di Lula sta di fatto riallacciando relazioni strette sia con la Cina, sia con la Russia, mantenendo sulla guerra in Ucraina un atteggiamento ambiguo. Infine, anche la vicenda dei leak del Pentagono, diffusi online nel corso delle ultime settimane, non aiuta a migliorare la situazione. La pubblicazione di documenti classificati, in un contesto di tensioni internazionali e via via che i giornali riferiscono nuove scoperte, può celare diversi rischi che di certo non si esauriscono con l’avvenuto arresto della presunta talpa.