di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Il numero è importante, 560mila posti di lavoro disponibili nel solo settore terziario, tra commercio, servizi e turismo. A decretarlo è Confcommercio, che spiega come sia, però, difficile trovare i profili necessari a causa della mancanza delle professionalità richieste. Del personale che servirebbe alle aziende, circa la metà è di difficile reperimento. Insomma, 360mila posizioni per cui mancano le competenze necessarie alle imprese. Questi dati emergono da uno studio dell’associazione di categoria ed il presidente Sangalli ha spiegato che, dal suo punto di vista e da quello dei suoi rappresentati, «per creare nuova occupazione servono, prima di tutto, più crescita e più produttività. E, naturalmente anche la costruzione di un compiuto sistema di politiche attive, utile per favorire l’incontro tra domanda e offerta». Insomma, anche questa rilevazione continua ad indicare la stessa strada da percorrere per migliorare la situazione occupazionale, quindi economica e sociale, di chi cerca lavoro, che si tratti di giovani e non solo. Anche a beneficio delle stesse imprese, che hanno necessità di avvalersi di alcune professionalità che non riescono a trovare e che invece servirebbero per mantenere e migliorare i propri standard produttivi, figure dotate di competenze specifiche utili a gestire le transizioni aziendali verso un mondo che cambia velocemente, tra digitale e green. Con ripercussioni positive sulla società in generale, basti pensare al benessere che deriverebbe da una maggiore occupazione in termini di entrate fiscali per lo Stato, di consumi per il sistema produttivo e così via. Il settore del terziario è uno fra quelli che sono cresciuti maggiormente negli ultimi anni, con l’eccezione della flessione del periodo pandemico. Ma, oltre a questa parte pure importantissima della nostra economia, anche le altre necessiterebbero di competenze aggiornate, specie in vista di un nuovo sviluppo industriale italiano, cosa che sarebbe senz’altro auspicabile da moltissimi punti di vista, non solo di tipo economico, ma anche politico e sociale. In sintesi, serve uno scatto di crescita del sistema del Paese sul lato del sistema dell’istruzione e su quello della formazione nell’ambito di una complessiva riforma delle politiche attive del lavoro per connettere domanda e offerta. Un tema di cui si parla da anni, sul quale finora non si è riusciti a intervenire nel modo auspicato. Basti pensare al flop del reddito di cittadinanza, che avrebbe dovuto reggersi sulle due gambe del sostegno economico e della formazione, ma che si è trasformato in uno strumento meramente assistenzialista anche per le persone da introdurre nel mondo del lavoro. Serve un cambiamento profondo di mentalità per cui ora, data la situazione economica e politica, italiana ed internazionale, i tempi sembrerebbero finalmente maturi.