di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Un approfondimento su Economy analizza lo stato dell’arte nel welfare aziendale, un ambito delle relazioni industriali ancora da metabolizzare e diffondere pienamente nel nostro Paese, nonostante gli effetti benefici per i lavoratori e per le imprese, alla ricerca di personale qualificato da fidelizzare ed alle prese con il fenomeno post-pandemico delle dimissioni di massa. Un complesso di misure all’insegna del vivere al meglio il proprio lavoro. Un argomento che potrebbe apparire accessorio tra le tante problematiche del mondo del lavoro e che invece produce effetti economici concretissimi. In Italia, anche in questa classifica agli ultimi posti in Europa, solo un lavoratore su due si dice sufficientemente soddisfatto della propria occupazione e meno del 20% pienamente realizzato. La soluzione per una vita lavorativa migliore – ferma restando la necessità di aumentare gli stipendi troppo bassi e ben venga l’ulteriore taglio del cuneo fiscale – potrebbe trovarsi proprio nel welfare aziendale, preferito dai dipendenti rispetto all’ipotesi della settimana cortissima di 4 giorni perché maggiormente capace di incidere sulla qualità della vita comportando allo stesso tempo una situazione migliore anche dal punto di vista economico. Le politiche di conciliazione, ad esempio, compreso lo smart-working, sono utili certamente a garantire una maggiore disponibilità di tempo da dedicare alla vita privata, consentendo più spazio da dedicare a se stessi ed ai propri affetti, ma rendono anche meno necessario ricorrere ad aiuti a pagamento. E poi ci sono i cosiddetti “fringe benefit”, veri e propri compensi non in denaro, ma in beni e servizi, disciplinati dalla contrattazione collettiva. Basti pensare ai buoni pasto, ma anche all’assistenza sanitaria ed alle polizze assicurative, ai dispositivi elettronici, pc e smartphone, fino alle auto ed agli alloggi messi a disposizione del lavoratore dall’azienda. Elementi capaci di incidere in modo importante sulle spese da sostenere e quindi sul reddito disponibile. Per poi arrivare alle stock option sulle azioni per dipendenti e dirigenti. Un mondo che da un punto di vista teorico ricorda i principi e la logica partecipativa, mentre da un punto di vista pratico permette di migliorare il benessere dei lavoratori in modo sostenibile per le aziende e che è stato incentivato con l’aumento, per lo scorso anno, della soglia esentasse per i dipendenti. Una realtà da sviluppare, come ricorda l’articolo di Economy: se in Italia sono diffusissimi i buoni pasto, restano ancora marginali le formule che prevedono per i lavoratori assicurazioni sanitarie e previdenza integrativa. Da non dimenticare, poi, il capitolo formazione, un altro elemento essenziale nell’ambito del welfare aziendale perché capace di determinare inclusione e crescita professionale, con conseguenze sul tenore di vita.