Lo denuncia il Wwf Italia, osservando che i crimini contro la natura sono «preceduti esclusivamente dal traffico di droga, dalla contraffazione e dal contrabbando di armi»

«I crimini contro la natura sono la quarta attività criminale più redditizia al mondo». Lo denuncia il Wwf, che ieri ha avviato un workshop di 3 giorni coinvolgendo i principali attori, dalla Magistratura alle Forze di Polizia, osservando che i crimini contro la natura sono «preceduti esclusivamente dal traffico di droga, dalla contraffazione e dal contrabbando di armi, generano entrate per 280 miliardi di dollari l’anno e costituiscono un settore della criminalità in crescita». Uccelli della fauna italiana – caccia e bracconaggio, catture di animali vivi, prelievo di uova o pulli di uccelli a rischio di estinzione da destinare a mercati illeciti che fruttano ingenti guadagni ai trafficanti –; specie che versano in un grave stato di conservazione come rettili o anfibi, sia autoctoni, sia esotici; pesci d’acqua dolce o specie marine come coralli, ricci, squali, datteri di mare sono le principali vittime di questi crimini. «Frequente è inoltre l’importazione di animali esotici o di loro parti come l’avorio, le corna di rinoceronte, la pelle di tigre o di leopardo», prosegue il Wwf. Diverse sono le criticità: secondo il Wwf, «mancano banche dati, le norme sono ancora troppo blande, gli hot-spots di illeciti contro natura e ambiente sono sempre più numerosi sulla terraferma come nel mare». L’Italia è un «crocevia per un traffico illegale, interno e internazionale, di specie vegetali, animali e parti di essi spesso portato alla luce dalle operazioni condotte dalle autorità in porti e aeroporti». «Ma solo il 27% dei procedimenti che riescono ad arrivare a processo arriva a sentenza definitiva di condanna. Con la riforma del processo penale questo numero rischia di diventare ancora più basso», conclude il Wwf. Che poi riporta alcuni numeri per aiutare a comprendere meglio il fenomeno: nel 2018, le sanzioni inflitte dai Carabinieri CITES per violazioni della normativa che disciplina il commercio di specie protette ammontavano a oltre 5 milioni e mezzo di euro. Nel periodo compreso tra il 2016 e il 2019, la Lombardia è stata la regione dove sono stati denunciati più illeciti (5.256). A seguire il Veneto (2.526) e la Toscana (2.247).