di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Oggi è la Giornata del Mare e anche la giornata di bilanci conseguenti alle festività pasquali, che tanta affluenza di turisti hanno portato nel nostro Paese insieme a tanti disagi in alcune località prese d’assalto, nonché il giorno in cui il Governo dovrebbe decidere di proclamare lo stato di emergenza sulla questione migranti, alla luce delle 1200 persone soccorse ieri e delle altre 700 soccorse oggi.
È sufficiente una breve e superficiale panoramica delle ultime notizie per accorgersi della complessità di due delle risorse più rilevanti e allo stesso tempo, incomprensibilmente, inespresse in tutto il loro potenziale, di cui l’Italia può vantarsi, il turismo e il Mare Mediterraneo, al quale l’Ugl ha dedicato un convegno per analizzarne anche le non meno, se non addirittura maggiori, implicazioni geopolitiche che, allo scoccare della guerra in Ucraina, sono diventate ancora più stringenti.
Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dichiarato di voler rimettere al centro il mare e farne un vettore di sviluppo e di ricchezza, da ogni punto di vista, mentre il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, in merito alle località italiane prese d’assalto nel lungo weekend di Pasqua, ha dichiarato, sì, che «il far west è finito», ma che non ha alcun senso ricorrere al numero chiuso per calmierare l’accesso ai centri storici. Concordo in entrambi i casi. Tra località prese puntualmente d’assalto dai turisti, centri storici spopolati dai “veri” abitanti, tra un’infrastruttura, come quella del Mar Mediterraneo, mai veramente considerata tale o al pari di altre, come le strade d’asfalto, quelle di ferro e quelle del cielo, è evidente che l’Italia deve guardare a tali preziosissime risorse con una visione diversa dal passato e misurarsi con esse con criteri nuovi. La strategia migliore non può essere chiudersi per difendersi.
Per l’Italia non è soltanto opportuno ma doveroso alla luce dei dati di gennaio diffusi dall’Organizzazione mondiale del lavoro (Ilo): nel 2023 la disoccupazione globale potrebbe coinvolgere circa 208 milioni di persone a causa del rallentamento dell’economia a livello internazionale, finendo per costringere più lavoratori ad accettare lavori di qualità inferiore, mal pagati, carenti sul piano della sicurezza e privi protezione sociale. Alla luce dei giovani cosiddetti NEET che non lavorano, non studiano o non fanno formazione e che nel 2022 sono stati il 23,5%. Ancora alla luce del tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro, attestatosi al 47,4% rispetto al 72,3% degli uomini.
Si impongono, dunque, sia misure espansive per rilanciare la crescita, con investimenti urgenti in politiche industriali e programmi di formazione e riqualificazione professionale per rilanciare l’occupazione e tutelare la coesione sociale, sia l’apertura di nuove frontiere e tali possono essere il mare e il turismo, risorse riconosciute in tutto il mondo e da tutto il mondo a noi invidiate.